giu 262013
 

Davvero singolare la nota apparsa a firma del Gen. Vincenzo Camporini su Italia Furtura, già Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica e della Difesa. In sostanza il Nostro definisce surreale la discussione sugli F35 – JSF per diverse ragioni: a) in realtà i soldi non sono oggi disponibili e pertanto la rinuncia non ripagherebbe l’Iva, asili nido o opere per la protezione del territorio; b) la cancellazione produrrebbe una caduta occupazionale e “suonerebbe come un invito ai nostri giovani e brillanti ingegneri a cercarsi lavoro in altri Paesi; c) senza sistemi d’arma avanzati saremmo fuori dai giochi politici internazionali, a differenza di quanto è avvenuto ad esempio recentemente in Libia dove i nostri Tornado hanno difeso gli impianti ENI.  Davvero singolare ma poco efficace la difesa del Generale. Ad esempio il futuro delle opere pubbliche, il blocco dell’Iva o gli asili nido non vengono finanziati avendo subito in saccoccia tutti i soldi, ma alla stessa maniera degli armamenti: mettendoli in preventivo di spesa e spendendoli nei diversi anni. La cancellazione dell’acquisto di questo tipo di tecnologia non farebbe fuggire tutti i nostri giovani ingegneri all’estero. L’alta tecnologia è ben e maggiormente presente in altri settori della vita civile come ad esempio la medicina: i nostri ingegneri potrebbero impegnare (e in realtà già lo fanno) la loro intelligenza su argomenti tecnologicamente molto più avanzati dei sistemi d’arma come quelli medici, di protezione climatica, di studio dei nuovi materiali e quant’altro. Basterebbe solo che lo Stato desse segnali più “sinceri” in questi settori. Sulla questione del ruolo della nostra presenza in scenari di guerra come il recente libico, davvero il Gen. Camporini farebbe meglio ad applicarsi maggiormente ad altri settori. Prescindendo dal fatto che la difesa dei pozzi Eni non ha trovato di fronte tecnologia militare d’avanguardia ma quattro poveretti davvero mal equipaggiati, lo inviterei a ristudiarsi un po’ di storia patria. ad esempio, giusto parlando di Eni, gli porterei l’esempio di come Enrico Mattei riuscì a far entrare la debole Italia postbellica nel parterre petrolifero e di come mantenne intatte le torri di estrazione petrolifere in tempi certamente non meno “bellicosi” degli attuali. Fece una cosa molto semplice: strinse accordi e patti equi con i governi legittimi padroni dei territori ricchi di oro nero, inaugurando il famoso 50-50. Non quindi prendendoli con le armi, ma stipulando patti equi, cosa che ne ha permesso la difesa per lunghi anni anche al di là dei blocchi politico-militari dell’epoca. Non è sempre vero che “si vis pacem para bellum”. Ci ripensi, Generale.

mag 142012
 

Livio Zoffoli, ex Presidente del Centro Nazionale per l’Informatica Nella Pubblica Amministrazione (CNIPA) propone otto azioni per la riduzione del debito pubblico attraverso l’adozione di tecnologie già ampiamente disponibili

Negli ultimi anni le pubbliche amministrazioni hanno subito tagli lineari delle loro risorse per effetto delle manovre economiche che si sono succedute. Non vi è stato, peraltro, nessun intervento di razionalizzazione come sarebbe stato logico attendersi e non si è intervenuti sull’organizzazione né sulla ottimizzazione delle risorse tecnologiche.

Continua a leggere sul sito di Italia Futura

mag 102012
 

Oggi spaventano i risultati delle elezioni legislative greche e di quelle amministrative italiane, ma la storia, con la IV Repubblica Francese e Weimar, ci ha già fornito esempi di come cattive regole e cattive istituzioni possono essere pagate a un prezzo molto alto. Auguriamoci che i nostri politici non vogliano essere ricordati come coloro che hanno liquidato definitivamente il futuro dell’Italia.
Un presidente eletto direttamente dal popolo con importanti poteri di governo e un esecutivo responsabile di fronte alla camera bassa – e il sistema elettorale maggioritario a doppio turno (un sistema per tanti versi simile, quello australiano, a un turno, ma che consente un ordinamento delle preferenze dei candidati di collegio, avrebbe risultati analoghi) in Francia hanno innescato quelle dinamiche che sarebbero molto salutari per il nostro Paese e tanto indispensabili nella loro radicalità quanto è paludoso e irriformabile il nostro gioco politico allo stato attuale delle cose.
Leggi la proposta sul sito di Italia Futura

apr 232012
 

Ci hanno provato. Chi ha masticato un po’ di politica sa bene che Silvio Berlusconi, e in sedicesimi Casini, hanno tentato un’operazione di puro marketing politico depotenziando l’ingombrante Luca di Montezemolo cercando di farlo apparire meno autonomo e pronto a raccogliere l’eredità politica dell’uomo di Arcore. La lotta per la conquista dello spazio politico rappresentato dall’elettorato – di destra come di sinistra – ormai completamente sfiduciato rispetto alla capacità dei partiti politici di rimettere in sesto il nostro Paese. Berlusconi e Casini hanno semplicemente tentato di riprendersi il “centro” della scena politica cercando di restringere l’immagine di Montezemolo come quella di politico per nulla autonomo e pronto a stringere patti d’acciaio con il centro destra. La risposta di Itlaia Futura non si è fatta attendere e la sottolineatura più gentile è stata quella della poca serietà ed inconcludenza dei progetti del duo Berlusconi/Casini.

Per approfondire di prima mano la risposta di Italia Futura:

Oltre il marketing serve il prodotto. L’agitazione inconcludente dei partiti dell’area moderata

Montezemolo boccia i due progetti moderati: inconcludenti e poco seri.  Corriere della Sera

Il presidente della Ferrari pensa alle elezioni: una lista civica per pescare tra i moderati Repubblica

apr 232012
 

Il superamento del sistema attuale di finanziamento dei partiti è nelle cose. È la conseguenza delle ragioni che condussero all’approvazione della legge del ’99: un’arrogante risposta non solo e non tanto al referendum abrogativo del ’93 quanto alla legge del ’97 sulla contribuzione volontaria dei cittadini per il finanziamento della politica.
Il Paese è in grado di riprendere il cammino interrotto. Ma la soluzione al problema dei finanziamenti non può essere il mercato. La strada è associare libertà di scelta dei singoli e presenza di un contributo pubblico. La proposta di legge presentata da chi scrive al Senato e alla Camera segue questa impostazione.
Il cuore della proposta è semplice: lo Stato riconosce ai cittadini un credito d’imposta pari al 50% dei contributi che essi versano a movimenti o partiti, con un tetto di 5.000 euro. Andare oltre il 50% deresponsabilizzerebbe i cittadini (aprendo la strada a evidenti abusi).
Il credito d’imposta è attribuibile alle sole persone fisiche, mentre i contributi sono erogabili a movimenti o partiti già presenti o che intendano candidarsi, in maniera non episodica, per elezioni nazionali o regionali. Insomma, a chi fa politica o intende farla, non a chi la ispira o fiancheggia (associazioni e fondazioni).
Partiti o movimenti che ricevono i contributi volontari sono iscritti in un elenco nazionale e sottoposti a controlli e limiti stringenti. Il controllo ex post è attribuito alla Corte dei Conti. Irregolarità contabili o violazioni di legge sono punite anche con la sospensione dall’elenco.
Visto che si vota fra un anno per le Politiche e fra due per le Regionali, il periodo transitorio è di due anni (in cui il sistema vigente è gradualmente sostituito da quello futuro). Ciò per non rischiare di finanziare partiti scomparsi.
La proposta offre un contributo alla spending review. È infatti formulata sul presupposto di una riduzione degli oneri per il finanziamento pubblico dei partiti a carico dello Stato (in parte già nel 2012) e prevede un limite al totale dei contributi verso i partiti, oltre il quale viene rivista la componente pubblica del finanziamento.
I minori oneri per la finanza pubblica sono destinati al Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale, introdotto (con buona pace del governo) nella legislazione vigente dalla manovra di settembre e operativo dal 2014.
Perdere l’opportunità per restituire ai cittadini la libertà di scelta e alla politica la dignità sarebbe, questo sì, un «errore drammatico».

La proposta è firmata da Nicola Rossi, Mario Baldassarri, Marco Follini, Maria Pia Garavaglia, Pietro Ichino, Maria Leddi, Roberto Antonione, Fabio Gava, Stefano Graziano, Giustina Mistrello Destro, Angelo Santori, Luciano Sardelli

mar 312012
 

Ieri si è tenuta a Torino, organizzata da Italia Futura, la presentazione del Rapporto sulla Sussidiarietà 2012 con Giorgio Vittadini, la Prof. Paola Garrone e moderato da Luigi La Spina de “La Stampa”.

Un estratto dell’intervento di Luca Cordero di Montezemolo è stato pubblicato a cura di Italia Futura (Qui il testo completo)

La sussidiarietà può apparire un tema astratto, un argomento lontano dalla vita e dagli interessi di un imprenditore. In realtà i mondi dell’impresa e della sussidiarietà condividono una volontà comune: affrontare le difficoltà con un fortissimo spirito di fiducia nelle capacità degli uomini e delle donne di fare del proprio meglio sempre e comunque. La volontà di scommettere sui giacimenti di talento, determinazione, passione civile e spirito di iniziativa che esistono nella nostra nazione.
Oggi più che mai abbiamo bisogno di credere nella nostra nazione e nelle sue capacità. Perché oggi l’Italia è minacciata dal pericolo della disillusione e del cinismo, da un senso di malessere generale e dalla percezione di essere diventata un paese marginale e senza futuro. Esistono pregiudizi contro cui è indispensabile mobilitarci. Il pregiudizio secondo il quale l’Italia è forte più per i propri vizi che per le proprie virtù. Il pregiudizio che vuole l’Italia condannata al declino e alla scomparsa delle passioni pubbliche.

mar 282012
 

Per lungo tempo dimenticata, la parola crescita è tornata protagonista del dibattito politico italiano. Ripetuta come un mantra, pare che, dopo decenni di indifferenza, finalmente si riscopra una comune consapevolezza che l’unica via di uscita dalla crisi è quella che passa attraverso un virtuoso percorso di crescita della nostra economia. Purtroppo il sostantivo crescita non è però né un mantra né tantomeno una parola magica; non basta ripeterlo in tutte le salse e con le più svariate intonazioni per far si che magicamente la crescita compaia guarendo il Paese dai suoi mali.

Cantiere Italia 2013 ha tra i suoi obiettvi la creazione di un fronte per la crescita, tramite la certezza che questa non vada solo evocata, ma debba essere posta al centro della politica del Paese, progettata, scomposta nei suoi fattori costitutivi per essere successivamente stimolata tramite riforme di lungo termine che vadano ad eliminare i tanti ostacoli sul suo cammino. (Continua a leggere l’articolo di Massimo Brambilla)

mar 172012
 

(…) È dunque urgente attivare risorse e pensiero contro la visione penitenziale e declinista del nostro presente e del nostro futuro che si va affermando in un paese dove da troppo tempo la politica ha smesso di mobilitare le passioni e le idee. Contro il pregiudizio, altrettanto triste e cupo, che vuole il nostro paese sia forte dei propri vizi più che delle proprie virtù. Contro l’idea che compito della politica sia raddrizzare “il legno storto” degli italiani invece dello Stato con le sue mille anomalie.
Per ricostruire un rapporto di reciproco rispetto tra Stato e cittadini, che è la premessa necessaria per ritrovare il coraggio, è indispensabile smettere di subire le grandi correnti di cambiamento che attraversano il mondo e riportare l’Italia finalmente a giocare in attacco.
Questa è la sfida che attende le forze politiche e le associazioni della società civile che condividono l’idea che l’Italia non sia condannata solo a difendersi dalle incognite del futuro ma possa e debba valorizzare le proprie potenzialità tanto e più degli altri grandi paesi europei.
Per proporre un progetto vincente e credibile, quelle forze dovranno costruire, in un clima nuovo di reciproco rispetto e apertura, un messaggio e un programma convincente, capace di raccogliere consensi oltre gli steccati tradizionali degli schieramenti della seconda Repubblica e le nostalgie delle Prima.

Leggi l’editoriale completo di Calenda, Romano e Rossi

mar 032012
 

Il dibattito sulla riforma del lavoro è stato a lungo caratterizzato da una netta biforcazione tra la sostanza politica della discussione e la realtà economica del tema in questione. Facciamo il punto con Pietro Ichino sulle determinanti economiche e normative alla base dei fenomeni che osserviamo all’interno del sistema-lavoro.

Il ‘modello danese’ è applicabile ma va prima ridefinito cos’è il lavoro dipendente, per non lasciare nessuno fuori dal diritto del lavoro; e ridisegnato l’intero sistema degli ammortizzatori sociali, implementando un sostegno al reddito efficace e mirato alla ricollocazione di chi ha perso il posto.

Leggi l’intervista a Pietro Ichino sul sito di Italia Futura