Dorino Piras

La Salute, l'Ambiente, il Lavoro

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La falsa speranza tecnologica in sanità

Certamente, isanità dna imm.001n nessuna nostra affermazione potrà mai ritrovarsi la tentazione di trascurare la ricerca di un continuo miglioramento degli strumenti medici ad ogni livello, ma sicuramente facciamo nostro anche lo stimolo costante nel ricercare, anche al di fuori della “speranza tecnologica”, un sostanziale miglioramento delle opportunità di salute.

Allo stato attuale, però, continuiamo a registrare come il dibattito in corso sulle politiche tese al miglioramento dello stato di benessere, sia sempre e solo imperniato sulla capacità di disporre di tecnologie sofisticate e sulla necessità di reperire finanziamenti destinati perlopiù ad accrescere l’armamentario tecnologico. Con il risultato di centrare l’attenzione di operatori, manager e cittadini su tale dimensione tecnologica come la sola in grado di poter elevare, migliorare magicamente il livello di qualità dei servizi sanitari e in definitiva dello stato di salute generale.

L’idea di puntare sulla tecnologizzazione esasperata, accrescendo la fiducia della popolazione verso terapie ad alto contenuto “ingegneristico” come strategia superiore rispetto alla  ricerca costante sull’individuazione e eliminazione dei determinanti negativi della salute, non è scevra da interessi economici oltre alla dimostrazione di come, tali sviluppi tecnologici, siano maggiormente accessibili a determinate classi sociali. Non è nuova la dimostrazione  di come la quota delle risorse investite in ricerca nel campo sanitario dipenda, in larga misura, dai meccanismi che verranno usati in futuro per finanziare la fornitura di prestazioni quando i risultati della ricerca verranno commercializzati. Ed ancora è chiaramente dimostrato un nesso assai stretto tra l’espansione dell’assicurazione sanitaria e lo sviluppo di tecnologie specializzate sempre più costose, che mutano la forma e l’estensione della copertura assicurativa stessa e risultano influenzate dagli incentivi che operano sempre attraverso il sistema assicurativo.

Questa rincorsa focalizzata sui limiti tecnici della capacità di cura e la distorta percezione della malattia come fatto personale, individuale, può portare all’indebolimento e irregimentazione della ricerca bio-medica, all’abbandono dell’impegno verso politiche di promozione a favore della salute delle classi più svantaggiate rendendo vana la grande conquista culturale del nesso tra causa ed effetti tra diseguaglianza e aspettativa di vita. Inoltre disarticola la necessaria azione coordinata tra chi opera nella salute, nell’educazione, nel lavoro, nelle politiche ambientali.

Lottare contro le diseguaglianza di salute

sanità dna imm.001“Siamo qui per noi ma non per noi, tanti ma per i ben più tanti che attendono da noi non solo un messaggio responsabile ma anche un’azione efficace per la salute e l’integrità di chi è oggetto di sfruttamento, emarginazione, repressione onde questi ne emerga con tutto il suo diritto e la sua capacità di porsi quale soggetto politico primario” (Giulio Maccacaro)

Abbiamo una convinzione inamovibile: le diseguaglianze di salute non rappresentano una condanna inappellabile, ma una caratteristica della nostra società che può essere modificata. Al di là di motivazioni etiche ricomprese nell’idea di giustizia sociale, risulta praticabile e possibile, in altre parole, un margine d’azione immediatamente percorribile che ci permetterebbe di attingere a un serbatoio di salute alla portata del nostro impegno. Condizione inevitabile è però la necessità di raccogliere la sfida di un coraggioso e quasi eretico rinnovamento delle nostre concezioni e criteri di lettura che reimpostino le false opinioni correnti sulla prevenzione, cura, organizzazione del lavoro e, in ultimo, della società derivate dalla pubblicistica più di moda, di cui l’onda privatistica non ne è che l’ultimo esempio.

Esiste, però, un problema essenziale che ostacola l’acquisizione di questa di ricerca al rango di priorità nell’agenda politica sanitaria: impegnarsi nell’analisi delle diseguaglianze nella salute conduce a un vero e proprio salto di qualità non solo verso il cambiamento per una nuova salute possibile, ma soprattutto rende coscienti sulla necessità di incidere nei diversi aspetti organizzativi del nostro quadro sociale. La conferma emerge dal costante richiamo sull’azione di fattori in gran parte esterni al mondo sanitario: il ruolo fondamentale dell’istruzione, le condizioni lavorative, lo Stato e le politiche abitative, le storie di migrazioni interne ed esterne al nostro paese, sono solo le più immediatamente individuabili.

La malattia stessa sembra rappresentare un momento finale, negativamente unificante di tutti questi aspetti. Cambia però l’angolazione, il punto di vista: lo stato di infermità non rappresenta più un evento casuale, accidentale, che può colpire senza apparente motivo ciascuno di noi, ma è rintracciabile in una storia per diversi aspetti quasi determinata, inserita in un contesto coerente dove è rinvenibile un filo conduttore. Interi gruppi di persone sembrano accomunati, nel bene nel male, in uno stesso destino di salute perché provengono da famiglie con livelli di istruzionr omogenei, appartengono allo stesso segmento sociale, hanno stili di vita e risorse simili.

La scelta di proporre questo argomento al centro della nostra azione politica possiede inoltre un altro motivo di interesse: pone in contraddizione le argomentazioni politiche correnti, ne coglie le profonde mistificazioni, i falsi assiomi che hanno relegato il discorso su salute, prevenzione cura a semplice computo economico, in un vicolo cieco che appare senza possibilità di risoluzione se non mediante il reperimento crescente di risorse. Svela inoltre la falsa pretesa di una scienza economica applicata alla sanità che si vorrebbe priva di ogni giudizio di valore, il cui unico fine sarebbe rivolto verso i soli problemi dell’efficienza, ergendosi a giudice della possibilità concreta, fattibilità, di interventi invece caratterizzati dall’efficacia e dall’equità reclamati da altri attori sociali, come quello medico e più in generale delle persone che formano la nostra comunità.

Questo è il nostro impegno per una riforma della sanità: più possediamo conoscenze sulle cause delle diseguaglianze, più ci avviciniamo alle radici dei meccanismi che possono condurci a una società sana, maggiori saranno le nostre capacità di scoprire e proporre approcci diversi ed efficacemente innovativi nel metodo e nella sostanza per nuove soluzioni politiche.

 

Sanità: il controllo a chi lo sa fare.

sanità pubblica imm.001Non è il toccasana dei mali, ma il sistema dei controlli in sanità è argomento che i cittadini sollevano con diverse buone ragioni.
Sottopongo a tutti una risposta veramente ben calibrata e corretta che il pragmatismo medico americano ha messo in piedi proprio negli ultimi anni, soprattutto dopo l’impennata del numero degli interventi chirurgici e l’aumento dei costi aggiuntivi.
Esiste infatti un organismo molto temuto che si chiama Joint Commission che ispeziona i diversi centri sanitari in maniera del tutto casuale e senza preavviso, passando al vaglio gli aspetti sia igienico-sanitario, medici, tecnici e via discorrendo.
Se tutto è in regola viene rilasciata una certificazione, il Golden Seal of Approval.
Se si riscontrano “anomalie”, la struttura – ambulatoriale o ospedaliera – non viene chiusa d’imperio, ma gli viene fatto di peggio.
Infatti, senza la certificazione perde di fatto le convenzioni con Medicare e Medicaid (i sistemi “quasi” pubblici per anziani e chi non può permettersi di pagare le salate rette americane) oltre che con le assicurazioni private, che normalmente rifiutano la continuazione di collaborazioni con chi non possiede il “Seal”.
Questa Join Commission presenta però delle altre e più importanti specificità.
Ad esempio è governata da 29 elementi che rappresentano medici, infermieri, sindacati, associazioni di cittadini come anche da rappresentanti delle assicurazioni.
Non ha particolari poteri caratteristici delle organizzazioni governative (non chiude gli ospedali come detto sopra).
Ha degli ispettori medici che vengono scelti nei diversi ospedali e con rotazioni continue ogni quattro anni.
Con l’ultima chicca interessante: una sede in una – almeno a noi sconosciuta – città dell’Illinois, molto lontana dai grandi centri di potere politico ed universitario. Uno strumento quindi “lontano” dalle burocrazie pubbliche, partecipato e fattivamente indipendente.

Con una filosofia: se non sei adatto non spetta a me distruggerti, ma ti tolgo l’ossigeno.

La sanità alle elezioni regionali del 2024

icona piras imm.001La discussione sui temi della sanità – sicuramente momento centrale del prossimo confronto elettorale di giugno – inizia già a deragliare, soprattutto riguardo i legami che i temi dell’economia hanno con quelli dell’organizzazione sanitaria.
Il primo rischio è quello del “mito dei modelli”, che si riferisce alla convinzione di come sia possibile applicare alla sanità modelli di analisi, valutazione e controllo propri di altri settori, sperimentati nelle realtà private di produzione e scambio di beni. Così come la fiducia nell’importare nel settore sanitario modalità manageriali tipiche di altre realtà. L’organizzazione della salute ha infatti peculiarità e complessità riconosciute che non permettono queste trasposizioni.
Un secondo mito da cui guardarsi è quello definito come quello della “cassetta degli attrezzi”. L’impiego di nuovi strumenti di gestione fornisce spesso l’impressione, soprattutto tra gli operatori sanitari, di essere un moltiplicatore di informazioni (veri e propri metri cubi di tabulati) non utilizzabili a fini decisionali. La capacità di lettura di questa gran massa di informazioni è infatti ancora estremamente modesta e le ricadute sui processi di decisione sono del tutto insoddisfacenti.
L’ultimo è quello della “quadratura dei conti” dove l’errore è considerare l’equilibrio economico-finanziario come un obiettivo, a volte l’unico, da raggiungere e non come un vincolo da rispettare. La preoccupazione è che l’attenzione nei confronti dell’efficienza possa far passare in secondo piano quella dell’efficacia sul contributo che le prestazioni della sanità possano portare al miglioramento dei livelli di salute collettiva e di capacità di rispondere ai bisogni, sempre in trasformazione, della popolazione. Un eccesso di efficientismo potrebbe portare a dimenticare la valutazione dell’efficacia complessiva del servizio, la capacità di un’azione di raggiungere l’obbiettivo per la quale era stata congeniata.
Tenendo conto di tutto ciò risulta chiaro come il riferirsi a modelli “lombardi”, porsi come fine l’efficienza senza prendere in considerazione l’efficacia delle prestazioni o riferirsi a semplici dati economici, siano posizioni che gettano fumo negli occhi e che non portano da nessuna parte. Posizioni, peraltro, come sempre portanti nella destra piemontese e nazionale.

Ambiente: quello che gli industriali non dicono

icona piras imm.001Gli industriali stanno chiedendo nei fatti all’Unione Europea di fare marcia indietro sulla questione ambientale.
“Si uccide l’industria” ululano, proprio quando i venti della recessione iniziano a sferzare.
Una delle cose che abbiamo imparato da queste crisi finanziarie è il fatto che il libero mercato smette di funzionare e crea disastri nel momento in cui gli attori del sistema, noi in definitiva, non possiedono tutte le informazioni corrette. I prezzi, in definitiva, non rispecchiano il vero valore delle cose e via discorrendo fino a momenti di crisi globale come l’attuale.

Ecco quindi il nuovo mantra proclamato urbi et orbi: lasciateci inquinare un po’ di più, o almeno un po’ più a lungo.  In caso contrario arriverà il diluvio universale.
Noi non siamo eco-catastrofisti gratuiti, ma come dicevamo prima, qualche cosetta di politica e di economia l’abbiamo imparata.
Se quindi vogliamo giocare tutti ad armi pari, basterebbe ottenere una cosa molto semplice: fare emergere quali sono i veri costi ambientali e sociali delle attuali produzioni e chi le paga.
In modo cioè che il mercato sappia e mostri i veri costi delle merci prodotte: il prezzo totale dovrà cioè esprimere la propria verità ecologica.
In caso contrario il mercato venderà le merci prodotte a prezzi inferiori rispetto ai costi totali veri, per la semplice ragione che questi non conterranno le risorse destinate al disinquinamento, alle cure delle malattie correlate, allo smaltimento dei rifiuti prodotti e che continueranno ad essere pagati dalla comunità nella sua generalità attraverso le tasse, ribaltando cioè questi costi all’esterno, sulla comunità. Che poi siamo noi cittadini sottoposti alle tasse.

Votare per la salute?

icona piras imm.001Spulciando tra i programmi elettorali in Europa, ci si può imbattere in una proposta apparentemente curiosa riguardante la sanità. In sintesi l’idea è quella di trasformare le articolazioni corrispondenti alle nostre Asl  in organi elettivi. In realtà l’idea non è così curiosa come potrebbe apparire e ne abbiamo traccia anche in Italia nell’opera di Giulio Maccacaro. fondatore di Medicina Democratica. Proprio oggi, nel pieno della discussione di deficit sanitari, di critica ai poteri dei Direttori Generali sempre più monocratici, di ingerenze della politica persino nella nomina dei primari degli ospedali, questa proposta non è certamente da scartare. Malgrado tutto, infatti, uno dei settori di spesa maggiormente delicati e certamente onerosi, rimane in mano diretta non tanto della politica, quanto dei politici senza nessun vero controllo da parte di chi fruisce dei servizi sanitari. Il fatto che chi amministra il settore locale sanitario debba rispondere direttamente ai cittadini senza interposizioni e debba presentare un ventaglio di soluzioni al giudizio degli stessi fruitori del servizio con possibilità di scelta, potrebbe configurarsi come una piccola rivoluzione positiva con una semplificazione tra chi governa un sistema e chi ne usufruisce, rendendo maggiormente responsabili anche i cittadini del territorio sulle scelte da compiere e sottraendo la nomina al clientelismo politico e a meccanismi oscuri da parte ad esempio dei Presidenti di Regione che continuano a non essere perfettamente chiari. Chiaramente questa è una traccia che deve essere maggiormente sviluppata per ciò che riguarda il nostro territorio e che necessita di limiti e contrappesi adeguati come obbiettivi di politica sanitaria nazionali condivisi e mantenimento di interesse pubblico. Ma sicuramente ha il pregio della chiarezza, della responsabilità dei cittadini di una comunità data, della possibilità di scelta tra diversi programmi, di elezione di tecnici con una certa conoscenza del territorio in questione e via discorrendo.

Salute & Ambiente

sanità pubblica imm.001Quando parliamo di ambiente non possiamo non parlare di salute. Un esempio fondamentale è il legame che esiste tra la sfida energetica e la tutele della salute. Uno dei nodi principali infatti non sembra essere tanto la possibilità di reperire energia, bensì le conseguenze dell’utilizzo di fonti fossili energetiche alle quali ci stiamo affidando in modo “eccessivo” e i relativi impatti dannosi. Quindi uno dei primi passi da compiere è l’individuazione degli effetti sull’uomo e dei fattori scatenanti. Richard Klausner individua alcuni punti su cui interrogarsi preventivamente nella valutazione delle differenti possibilità di scelta:

- quali saranno gli effetti

- in che modo si manifesteranno

- quale sarà la loro portata

- quando si manifesteranno

- chi verrà colpito in misura maggiore.

Esistono strumenti scientificamente consolidati per rispondere a queste domande?

Uno degli strumenti più raffinati che viene impiegato anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nelle sue rendicontazioni sullo stato globale della salute è il DALY, sigla che significa Disability-Adjusted Life Years. Questo strumento permette di “misurare” il peso della malattia in una comunità attraverso la combinazione di diversi parametri: perdite dovute a morte prematura e perdite di vita sana dovuta a forme di inabilità. Un singolo DALY è uguale alla perdita di un anno di vita in buono stato di salute. Tra le diverse funzioni, il DALY serve anche a selezionare e misurare il costo degli interventi per la prevenzione e/o cura di determinate malattie, quindi anche per la definizione delle priorità in sanitarie e per la scelta dell’attribuzione di risorse finanziarie e umane.

Una proposta che sostengo per la prossima legislatura regionale in Piemonte è il rafforzamento di questo tipo di parametri per valutare in maniera più scientifica, comprendere gli impatti di ciò che scegliamo dal punto di vista ambientale e disegnare le priorità in sanità derivanti dalle scelte ad esempio energetiche che ci apprestiamo a compiere.

COVID-19: gestione dello stress tra gli operatori sanitari. Epicentro

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Da quando è cominciata l’emergenza sanitaria correlata alla diffusione della COVID-19 i professionisti sanitari sono impegnati in prima linea a fronteggiare l’epidemia nei vari setting del servizio sanitario, esposti al rischio di infezione e a un sovraccarico emotivo: carenza di adeguati dispositivi di protezione individuale, turni di lavoro incalzanti, fatica fisica, riduzione delle risorse umane e in alcuni casi precarietà organizzativa. A questo si aggiungono situazioni determinate dalla forte pressione a cui è sottoposto il servizio sanitario, che possono contribuire ad appesantire ulteriormente il vissuto emotivo dei professionisti: essere chiamati a intervenire in discipline diverse da quelle di appartenenza; la possibilità, per i medici neolaureati o gli specializzandi ancora in formazione, di trovarsi a fronteggiare condizioni critiche che richiederebbero maggiore esperienza; l’invito a continuare a lavorare anche se si è stati a contatto con pazienti affetti da COVID-19 e permanga il timore del contagio; le cure e il sostegno prestati a domicilio dai medici di medicina generale agli assistiti con sintomi più lievi. (…)

Qui l’articolo su Epicentro

Pazienti con disordini psichici nell’epidemia di Covid-19: Lancet Psychiatry

lancet psy

Nall’attuale pandemia di Covid-19, l’attenzione globale è stata in gran parte focalizzata sui pazienti infettati e sui primi soccorritori, mentre sono state trascurate ampie margini di  popolazioni emarginate nella società. L’articolo esprime le preoccupazioni degli Autori per quanto riguarda l’effetto dell’epidemia sulle persone affette da disturbi psicologici. L’ignoranza dell’impatto differenziale dell’epidemia su questi pazienti non solo ostacolerà qualsiasi obiettivo di prevenzione dell’ulteriore diffusione di COVID-19, ma aumenterà anche le disparità di salute già esistenti.
In Cina, 173 milioni di persone vivono con disturbi mentali e l’abbandono e lo stigma riguardo a queste condizioni sono ancora diffusi nella società. Quando insorgono epidemie, le persone con difficoltà psichiatriche sono generalmente più suscettibili alle infezioni per diversi motivi. In primo luogo, i disturbi mentali possono aumentare il rischio di infezioni, inclusa la polmonite. Un rapporto pubblicato il 9 febbraio 2020, che parla di un gruppo di 50 casi di COVID-19 tra i ricoverati in un ospedale psichiatrico a Wuhan, in Cina, ha sollevato preoccupazioni per il ruolo di questi disturbi nella trasmissione del coronavirus. Le possibili spiegazioni includono deficit cognitivo, scarsa consapevolezza del rischio e minori sforzi in materia di protezione personale nei pazienti, nonché condizioni confinate nei reparti psichiatrici. In secondo luogo, una volta infettati da una grave sindrome respiratoria acuta da COVID-19 – le persone con disturbi mentali possono essere esposte a maggiori barriere nell’accesso a servizi sanitari tempestivi, a causa della discriminazione associata alla cattiva salute mentale negli ambienti sanitari. Inoltre, le comorbidità di COVID-19 in questi pazienti, renderanno il trattamento potenzialmente meno efficace. In terzo luogo, l’epidemia di COVID-19 ha causato un’epidemia parallela di paura, ansia e depressione. Le persone con fragilità mentale potrebbero essere maggiormente influenzate dalle risposte emotive provocate dall’epidemia di COVID-19, con conseguenti ricadute o peggioramento della condizione già esistente a causa dell’elevata suscettibilità allo stress rispetto alla popolazione generale. Infine, molte persone con disturbi di salute mentale frequentano visite ambulatoriali regolari per valutazioni e prescrizioni. Tuttavia, le normative nazionali in materia di viaggi e quarantena hanno reso queste visite regolari sempre più difficili e poco praticabili.

Patients with mental health disorders in the COVID-19 epidemic

Cure tempestive di salute mentale nel Covid-19: Lancet Psychiatry.

lancet psy

In questo articolo pubblicato su “The Lancet – Psychiatry” del 1 marzo 2020, si sottolinea come, nonostante si riscontrino comunemente  problemi e disturbi di salute mentale tra pazienti e operatori sanitari, la maggior parte dei sanitari che lavorano in unità di isolamento e ospedali non ricevono alcuna formazione per fornire assistenza per ciò che attiene la salute mentale. Gli Autori insistono sulla necessità di sviluppare urgentemente una tempestiva assistenza sanitaria rivolta ai disturbi mentali. Alcuni metodi utilizzati nell’epidemia di SARS potrebbero essere utilizzati per la risposta all’epidemia di 2019-nCoV. In primo luogo, i team multidisciplinari di salute mentale istituiti dalle autorità sanitarie a livello regionale e nazionale (inclusi psichiatri, infermieri psichiatrici, psicologi clinici e altri operatori della salute mentale) dovrebbero fornire supporto al benessere mentale di pazienti e  operatori sanitari. Dovrebbero essere previsti trattamenti psichiatrici specializzati e adeguati servizi e strutture per i pazienti con comorbilità psicologiche. In secondo luogo, una comunicazione chiara con aggiornamenti regolari e accurati sull’epidemia 2019-nCoV dovrebbe essere fornita agil operatori ed ai pazienti al fine di affrontare il loro senso di incertezza e paura. Piani di trattamento, rapporti sui progressi e aggiornamenti sullo stato di salute devono essere forniti sia ai pazienti che alle loro famiglie. In terzo luogo, dovrebbero essere istituiti servizi sicuri per fornire consulenza psicologica utilizzando dispositivi e applicazioni elettronici (come smartphone e chat) per i pazienti affetti e le loro famiglie. L’uso di canali di comunicazione sicuri tra pazienti e famiglie, come la comunicazione tramite smartphone e chat, dovrebbe essere incoraggiato per ridurre l’isolamento. In quarto luogo, i pazienti sospetti e affetti da Covid-19, nonché i professionisti della salute che lavorano negli ospedali e che si occupano di pazienti infetti dovrebbero ricevere regolari screening clinici per depressione, ansia e ideazione anticonservativa da parte di specialisti in patologie mentali. Dovrebbero essere previsti trattamenti psichiatrici tempestivi per coloro che presentano problemi di salute mentale più gravi. Per la maggior parte dei pazienti e degli operatori, le risposte emotive e comportamentali fanno parte di strategie adattative allo stress straordinario e tecniche di psicoterapia come quelle basate sul modello di adattamento allo stress potrebbero risultare utili. Se vengono utilizzati farmaci psicotropi, come quelli prescritti dagli psichiatri per gravi patologie psichiatriche,  principi di trattamento farmacologico di base per garantire un danno minimo devono essere seguiti per ridurre gli effetti dannosi di qualsiasi interazione con Covid-19 e i suoi trattamenti.

In qualsiasi catastrofe biologica, i temi della paura, dell’incertezza e della stigmatizzazione sono comuni e possono fungere da barriere per adeguati interventi di salute medica e mentale. Sulla base dell’esperienza maturata a livello mondiale in passato dell’impatto psicosociale delle epidemie virali, lo sviluppo e l’implementazione della valutazione della salute mentale, il supporto, il trattamento e i servizi sono obiettivi cruciali e urgenti per la risposta sanitaria all’epidemia Covid-19.

Timely mental health care for the 2019 novel coronavirus outbreak is urgently needed.

Yu-Tao Xiang Yuan Yang; Wen Li;Ling Zhang; Qinge Zhang;Teris Cheung et al.

Published:February 04, 2020DOI:https://doi.org/10.1016/S2215-0366(20)30046-8