Dorino Piras

La Salute, l'Ambiente, il Lavoro

Lottare contro le diseguaglianza di salute

sanità dna imm.001“Siamo qui per noi ma non per noi, tanti ma per i ben più tanti che attendono da noi non solo un messaggio responsabile ma anche un’azione efficace per la salute e l’integrità di chi è oggetto di sfruttamento, emarginazione, repressione onde questi ne emerga con tutto il suo diritto e la sua capacità di porsi quale soggetto politico primario” (Giulio Maccacaro)

Abbiamo una convinzione inamovibile: le diseguaglianze di salute non rappresentano una condanna inappellabile, ma una caratteristica della nostra società che può essere modificata. Al di là di motivazioni etiche ricomprese nell’idea di giustizia sociale, risulta praticabile e possibile, in altre parole, un margine d’azione immediatamente percorribile che ci permetterebbe di attingere a un serbatoio di salute alla portata del nostro impegno. Condizione inevitabile è però la necessità di raccogliere la sfida di un coraggioso e quasi eretico rinnovamento delle nostre concezioni e criteri di lettura che reimpostino le false opinioni correnti sulla prevenzione, cura, organizzazione del lavoro e, in ultimo, della società derivate dalla pubblicistica più di moda, di cui l’onda privatistica non ne è che l’ultimo esempio.

Esiste, però, un problema essenziale che ostacola l’acquisizione di questa di ricerca al rango di priorità nell’agenda politica sanitaria: impegnarsi nell’analisi delle diseguaglianze nella salute conduce a un vero e proprio salto di qualità non solo verso il cambiamento per una nuova salute possibile, ma soprattutto rende coscienti sulla necessità di incidere nei diversi aspetti organizzativi del nostro quadro sociale. La conferma emerge dal costante richiamo sull’azione di fattori in gran parte esterni al mondo sanitario: il ruolo fondamentale dell’istruzione, le condizioni lavorative, lo Stato e le politiche abitative, le storie di migrazioni interne ed esterne al nostro paese, sono solo le più immediatamente individuabili.

La malattia stessa sembra rappresentare un momento finale, negativamente unificante di tutti questi aspetti. Cambia però l’angolazione, il punto di vista: lo stato di infermità non rappresenta più un evento casuale, accidentale, che può colpire senza apparente motivo ciascuno di noi, ma è rintracciabile in una storia per diversi aspetti quasi determinata, inserita in un contesto coerente dove è rinvenibile un filo conduttore. Interi gruppi di persone sembrano accomunati, nel bene nel male, in uno stesso destino di salute perché provengono da famiglie con livelli di istruzionr omogenei, appartengono allo stesso segmento sociale, hanno stili di vita e risorse simili.

La scelta di proporre questo argomento al centro della nostra azione politica possiede inoltre un altro motivo di interesse: pone in contraddizione le argomentazioni politiche correnti, ne coglie le profonde mistificazioni, i falsi assiomi che hanno relegato il discorso su salute, prevenzione cura a semplice computo economico, in un vicolo cieco che appare senza possibilità di risoluzione se non mediante il reperimento crescente di risorse. Svela inoltre la falsa pretesa di una scienza economica applicata alla sanità che si vorrebbe priva di ogni giudizio di valore, il cui unico fine sarebbe rivolto verso i soli problemi dell’efficienza, ergendosi a giudice della possibilità concreta, fattibilità, di interventi invece caratterizzati dall’efficacia e dall’equità reclamati da altri attori sociali, come quello medico e più in generale delle persone che formano la nostra comunità.

Questo è il nostro impegno per una riforma della sanità: più possediamo conoscenze sulle cause delle diseguaglianze, più ci avviciniamo alle radici dei meccanismi che possono condurci a una società sana, maggiori saranno le nostre capacità di scoprire e proporre approcci diversi ed efficacemente innovativi nel metodo e nella sostanza per nuove soluzioni politiche.

 

Sanità. Togliere il ticket e introdurre la franchigia: pagare meno, ma tutti!

Bisognerà valutarla nel suo testo finale, ma l’addio al ticket sanitario a favore di una franchigia potrebbe risultare interessante soprattutto per chi usfruisce dei servizi sanitari. Il sistema prevederebbe di abolire esenzioni e ticket così come li abbiamo conosciuti per far posto ad un altro tipo di compartecipazione che prevede ogni anno una spesa massima individuata a seconda del reddito e non più della patologia. Poniamo come esempio quello di due cittadini che guadagnano rispettivamente 40mila e 120mila euro all’anno. La quota i compartecipazione stabilita si aggirerebbe al 3 per mille sul reddito. Il primo pagherebbe in un anno, se fruisce di qualsiasi prestazione che costa di più, 30 euro mentre il secondo fino a 300 euro. Le successive prestazioni oltre quel valore non si pagano. Il sistema sarebbe poi ulteriormente corretto modulando la quota in funzione al numero dei componenti della famiglia e alla presenza di anziani e disabili, oltre alla possibiità di scalare anche le spese verso al sanità privata per evitare la fuga dei redditi più alti verso le strutture non pubbliche e lasciando inveriati i costi di quelle pubbliche. Il sistema effettivamente contiene elementi di equità e omogeneità, tenendo conto del dato attuale dove alla fine un italiano su due non paga ticket e l’esenzione del pagamento per patologia avvantaggia non poco chi ha redditi alti. Semplificando forse in maniera eccessiva si potrebbe dire “pagare meno per pagare tutti”! Tenendo infatti fermo il sistema attuale del ticket che viene pagato ogni volta da chi non è esente, chi ha bisogno di sanità può arrivare a sborsare tra i 500 e i 1000 € l’anno, sistema che non permette certamente un ulteriore aggravio dei ticket così come stabilito, tra l’altro, dalla legge a partire dal 2014. Non da ultimo bisogna sottolineare un certo guadagno in trasparenza dove oggi esistono zone davvero oscure nel capire chi paga e cosa paga. Le prese di posizione contrarie sono certamente da tenere in considerazione e da ascoltare attentamente, anche se sembrano gravate da ideologismo e poco efficienti ed efficaci sia dal punto di vista della pubblica amministrazione, sia dal punto di vista di cosa e quanto pagano i cittadini: lasciando le cose come sono la perdita di equità e l’aggravio per i cittadini sono garantiti.

Le parole dei progressisti sulla salute.

Nel momento in cui il Presidente della Regione Piemonte ha annunciato di voler mettere mano alla questione sanitaria, credo sia giusto ricordare a tutti noi alcune parole che i progressisti dovrebbero rilanciare in maniera forte e netta. La prima è che il bilancio delle spese sanitarie non rappresenta un fine, ma un semplice vincolo e tale deve rimanere. La seconda è che continuano ad esistere diseguaglianze di salute che possono essere sicuramente abbattute: le diseguaglianze di salute non sono degli ineluttabili destini, ma possono e devono essere superate. La terza è ricordare che ogni sistema sanitario deve recuperare salute e tutte le morti evitabili. Esiste una sacca di miglioramento a cui si può attingere immediatamente e senza costi aggiuntivi. Questi sì, sono fini che devono essere perseguiti  come prioritari e sono alcune parole che solo i progressisti possono, con tenacia, rendere vive.

Insieme per Bresso: lotta alle diseguaglianze di salute come priorità

Esiste una ragione molto semplice per promuovere questo obbiettivo come priorità nell’agenda delle politiche sanitarie e sociali: le diseguaglianze di salute sono la dimostrazione che esiste una riserva di salute che il nostro sistema sanitario può – e deve- recuperare. Il fatto stesso che esistano gradi diversi di salute con cause “esterne” all’individuo quali le condizioni ambientali, di reddito, la salubrità del lavoro, l’accesso alle prestazioni sanitarie e via discorrendo, deve orientare la nostra azione nel guadagnare tutta la salute possibile.

Una precondizione è che soltanto un sistema sanitario con caratteristiche di equità ed incentrato su un asse pubblico può guadagnare questa riserva di salute. Come d’altro canto comprendere e intervenire sulla genesi di questi disequilibri può portare consistenti miglioramenti e rafforzare un sistema sanitario pubblico.

L’azione sulle diseguaglianze di salute si inserisce inoltre efficacemente nelle diverse categorie che determinano la salute di una popolazione. Prendendo anche solo i quattro determinanti più riconosciuti ed importanti (l’impronta genetica, l’assistenza sanitaria, i cmportamenti individuali e le condizioni sociali) questo tipo di obbiettivo interessa immediatamente e simultaneamente ognuno di questi aspetti.

Sembra inutile, infine, accennare al fatto che questo tipo di diseguaglianze non può che essere considerato ingiusto, in particolare per il ruolo che spetta alla salute umana in termini di diritti umani: la salute o il suo recupero rappresentano nello stesso tempo un bisogno ed una risorsa di base, necessari a raggiungere tutti gli obbiettivi vitali e a promuovere la libertà degliindividui nella società.

Se quindi questo tema non risulta nuovo nelle politiche dei piani sanitari, il nostro impegno non può che essere quello di farne uno dei temi centrali della salute in Piemonte, superando immediatamente almeno tre cause:

  • lo scollamento tra la ricerca medico-epidemiologica, quella sociale statistico-demografica e quella economica;
  • la povertà di fonti informative di utilizzo comune che stimolino iniziativ integrate di ricerca scientifica;
  • la scarsa integrazione tra fonti di finanziamento della ricerca nei diversi campi.