mag 122012
 

Bisognerà valutarla nel suo testo finale, ma l’addio al ticket sanitario a favore di una franchigia potrebbe risultare interessante soprattutto per chi usfruisce dei servizi sanitari. Il sistema prevederebbe di abolire esenzioni e ticket così come li abbiamo conosciuti per far posto ad un altro tipo di compartecipazione che prevede ogni anno una spesa massima individuata a seconda del reddito e non più della patologia. Poniamo come esempio quello di due cittadini che guadagnano rispettivamente 40mila e 120mila euro all’anno. La quota i compartecipazione stabilita si aggirerebbe al 3 per mille sul reddito. Il primo pagherebbe in un anno, se fruisce di qualsiasi prestazione che costa di più, 30 euro mentre il secondo fino a 300 euro. Le successive prestazioni oltre quel valore non si pagano. Il sistema sarebbe poi ulteriormente corretto modulando la quota in funzione al numero dei componenti della famiglia e alla presenza di anziani e disabili, oltre alla possibiità di scalare anche le spese verso al sanità privata per evitare la fuga dei redditi più alti verso le strutture non pubbliche e lasciando inveriati i costi di quelle pubbliche. Il sistema effettivamente contiene elementi di equità e omogeneità, tenendo conto del dato attuale dove alla fine un italiano su due non paga ticket e l’esenzione del pagamento per patologia avvantaggia non poco chi ha redditi alti. Semplificando forse in maniera eccessiva si potrebbe dire “pagare meno per pagare tutti”! Tenendo infatti fermo il sistema attuale del ticket che viene pagato ogni volta da chi non è esente, chi ha bisogno di sanità può arrivare a sborsare tra i 500 e i 1000 € l’anno, sistema che non permette certamente un ulteriore aggravio dei ticket così come stabilito, tra l’altro, dalla legge a partire dal 2014. Non da ultimo bisogna sottolineare un certo guadagno in trasparenza dove oggi esistono zone davvero oscure nel capire chi paga e cosa paga. Le prese di posizione contrarie sono certamente da tenere in considerazione e da ascoltare attentamente, anche se sembrano gravate da ideologismo e poco efficienti ed efficaci sia dal punto di vista della pubblica amministrazione, sia dal punto di vista di cosa e quanto pagano i cittadini: lasciando le cose come sono la perdita di equità e l’aggravio per i cittadini sono garantiti.

nov 142010
 

Nel momento in cui il Presidente della Regione Piemonte ha annunciato di voler mettere mano alla questione sanitaria, credo sia giusto ricordare a tutti noi alcune parole che i progressisti dovrebbero rilanciare in maniera forte e netta. La prima è che il bilancio delle spese sanitarie non rappresenta un fine, ma un semplice vincolo e tale deve rimanere. La seconda è che continuano ad esistere diseguaglianze di salute che possono essere sicuramente abbattute: le diseguaglianze di salute non sono degli ineluttabili destini, ma possono e devono essere superate. La terza è ricordare che ogni sistema sanitario deve recuperare salute e tutte le morti evitabili. Esiste una sacca di miglioramento a cui si può attingere immediatamente e senza costi aggiuntivi. Questi sì, sono fini che devono essere perseguiti  come prioritari e sono alcune parole che solo i progressisti possono, con tenacia, rendere vive.

mar 232010
 

Esiste una ragione molto semplice per promuovere questo obbiettivo come priorità nell’agenda delle politiche sanitarie e sociali: le diseguaglianze di salute sono la dimostrazione che esiste una riserva di salute che il nostro sistema sanitario può – e deve- recuperare. Il fatto stesso che esistano gradi diversi di salute con cause “esterne” all’individuo quali le condizioni ambientali, di reddito, la salubrità del lavoro, l’accesso alle prestazioni sanitarie e via discorrendo, deve orientare la nostra azione nel guadagnare tutta la salute possibile.

Una precondizione è che soltanto un sistema sanitario con caratteristiche di equità ed incentrato su un asse pubblico può guadagnare questa riserva di salute. Come d’altro canto comprendere e intervenire sulla genesi di questi disequilibri può portare consistenti miglioramenti e rafforzare un sistema sanitario pubblico.

L’azione sulle diseguaglianze di salute si inserisce inoltre efficacemente nelle diverse categorie che determinano la salute di una popolazione. Prendendo anche solo i quattro determinanti più riconosciuti ed importanti (l’impronta genetica, l’assistenza sanitaria, i cmportamenti individuali e le condizioni sociali) questo tipo di obbiettivo interessa immediatamente e simultaneamente ognuno di questi aspetti.

Sembra inutile, infine, accennare al fatto che questo tipo di diseguaglianze non può che essere considerato ingiusto, in particolare per il ruolo che spetta alla salute umana in termini di diritti umani: la salute o il suo recupero rappresentano nello stesso tempo un bisogno ed una risorsa di base, necessari a raggiungere tutti gli obbiettivi vitali e a promuovere la libertà degliindividui nella società.

Se quindi questo tema non risulta nuovo nelle politiche dei piani sanitari, il nostro impegno non può che essere quello di farne uno dei temi centrali della salute in Piemonte, superando immediatamente almeno tre cause:

  • lo scollamento tra la ricerca medico-epidemiologica, quella sociale statistico-demografica e quella economica;
  • la povertà di fonti informative di utilizzo comune che stimolino iniziativ integrate di ricerca scientifica;
  • la scarsa integrazione tra fonti di finanziamento della ricerca nei diversi campi.