Dorino Piras

La Salute, l'Ambiente, il Lavoro

I deboli e la Repubblica

(…) Tutto questo è avvenuto per la nostra secolare debolezza morale – nonostante gli splendidi esempi di grandezza che onorano il nostro passato e il nostro presente -. Per debolezza morale intendo quello che tanti scrittori politici hanno spiegato, ovvero la poca stima di se stessi, che a volte maschera di arroganza, che rende inclini ad accettare di dipendere da altri uomini. Dato che ritengo di valere poco, perchè non dovrei servire i potenti, se ne traggo buon profitto? Accanto a questa di carattere generale, o di contesto, bisogna poi tenere presente, per capire che cosa è avvenuto in Italia, quello che ho chiamato il “tradimento delle élite” politica, intellettuale e imprenditoriale di impedire la formazione del potere enorme di un uomo che ha distruttolalibertà dei cittadini. Si può discutere se era possibile impedire che le cose andassero in questo modo e quali siano stati gli errori più gravi di questo o di quel leader politico. Si può e deve discutere se sia mancata più la saggezza o più la buona volontà. Ma quel che conta sono i fatti e i fatti sono inoppugnabili: chi aveva il dovere di difendere l’integrità della Repubblica non l’ha fatto. (…)

Maurizio Viroli: “La libertà dei servi”; Laterza

Anonimo PD: cose che si pensano ma che pochi dicono.

 Un agile pamphlet certamente da leggere e meditare. Non importa chi sia l’autore – anche se qualche idea sale immediatmaente alla coscienza – perchè potrebbe essere chiunque di coloro che hanno attraversato i campi della sinistra ed ora riflettono sul che fare senza più alcun paraocchi ideologico e con la libertà di potersi smarcare da etichette antiquate. L’Anonimo racconta cose che, effettivamente, molti di noi pensano ma che non hanno  ancora il coraggio di porre a base di un’aggregazione che sappia sfidare senza sciatte deferenze lo stato in cui versa il campo che, una volta, si saarebbe chiamato “progressista”.

 

Grillo è un termometro?

Ricolfi ha ragione. Grillo è come lo spread: è un misuratore. In sostanza è un termometro dell’indignazione – ed altro ancora – che le persone rivolgono allo Stato. Non entro in giudizi di merito, perchè è un dato di fatto, ma il problema è che dopo aver misurato la febbre bisognerà decidersi a curarla. Un po’ come quei medici che di fronte al paziente con una gamba mozzata, un occhio fuori dalla testa e i denti rotti, gli fanno la ramanzina che no, non dovevano fare come hanno fatto, che dovevano stare attenti, che certe cose non si fanno. Magari il compito di quel medico dovrebbe essere semplicemente quello di curare il paziente, di tiralo fuori dal guaio per quello che è possibile, di fargli portare a casa la pelle. E su questo ho qualche dubbio che basti liquidare l’Italia in toto per stare meglio. O meglio che le ricette di Beppe Grillo non credo che funzionino. Poi magari ha ragione lui. Ma non credo

Terremoto e politica: hic Rhodus, hic salta

Si sente dapperttutto che le persone sono ancora disposte ad aderire a una proposta politica nuova con altre classi dirigenti rinnovate. Personalmente mi piacerebbe una proposta politica che sapesse aggredire davvero i problemi del Paese come ad esempio l’ultimo, ma non nuovo, del terremoto. Sarei davvero in sintonia con quei partiti che riunissero le loro forze vive, le chiudessero in qualche stanza e ponessero all’attenzione dei cittadini del nostro Paese proposte per intervenire presto e produttivamente nel problema finanziario, amministrativo, industriale e quant’altro caduti come una trave non solo in Emilia, perchè il sisma è di tutta la nazione. Per rimettere in moto un distretto importante come quello colpito in Emilia – ma come non ricordare l’Irpinia, l’Umbria, l’Abruzzo…- c’è bisogno di tutte le forze materiale e di conoscenza di cui disponiamo, lasciando perdere sciocchezze come la parata del 2 giugno che non risolvono nemmeno in parte il problema. Non mi sembra di chiedere alla politica qualcosa che le sia estranea

Bossi tenta di vedere le carte di destra e sinistra

Umberto Bossi non è politicamente uno sprovveduto. In mezzo ad altre cose di dubbia eleganza e solidità, ci fa intravvedere una delle ragioni per le quali viene considerato portatore di fiuto politico. Il Corriere della Sera dopo aver sottolineato come  Umberto Bossi da tempo lavori al programma elettorale per le prossime politiche, chiede:  ”Ma perché ora? Perché così presto?” E Bossi non si tira indietro: «Perché se noi presentiamo un programma forte, anche gli altri dovranno farlo». Dovranno rispondere a tono e spiegare i loro progetti per il dopo: «E quando i programmi elettorali ci saranno, Monti cade e si va alle urne». Il concetto non è nuovo e si accompagna a quello di altri analisti secondo cui anche il – primo?-  Governo Monti sarebbe agli sgoccioli e non potrà andare oltre le prossime riforme imminenti. Il dopo si configurerà come una semplice preparazione a nuove elezioni, con tutte le scomposizioni del caso ma senza riforme di alto spessore. Ma la mossa di Bossi potrebbe davvero rappresentare un buon colpo, costringendo anche gli eventuali rimescolamenti a dichiarare i temi attorno ai quali unire le disperse forze sul campo. Nel campo che guarda a sinistra i movimenti ci sono, ma non sembrano potersi coagulare dietro un’ipotesi vantaggiosa dal punto di vista elettorale e dove l’unica novità potrebbe essere la ricostituzione dell’Ulivo, momento forte che ha permesso di battere l’ala destra e che sta rifiorendo in diverse aree locali tra cui l’ultima in Piemonte a Cuneo. A destra si lavora sottotraccia, ma sembra ancora il momento del “rompete le righe” con i maggiorenti che tentano di esplorare ed accreditarsi verso nuove aggregazioni che vogliono superare lo schema destra/sinistra. Aspettiamo presto nuove sorprese…

Lavoro, articolo 18: nisi clare concipitur, nisi clare exponitur

La capacità di raccontare attraverso un discorso è fondamentale in un mondo complesso come il nostro. Un filo che percorre, inanella le idee e le rende comprensibili. Ci manca questa capacità, soprattutto per ciò che attiene la questione del lavoro nel nostro Paese. Il mosaico, nella mia scienza, non porta a grandi risultati e così in Medicina il “mosaicismo” è un concetto che descrive una condizione lontana dalla salute. Le persone possiedono, che lo vogliamo o no, aspirazioni diverse: alcune preferiscono lanciarsi nel mare del lavoro sfidando se stessi in progetti sempre diversi e nuovi, altri hanno nella stabilità e nel basso rischio la loro condizione naturale. Il problema è che entrambi gli aspetti hanno diritto allo stesso rispetto. Con l’avvertenza che in una società moderna sono tutt’e due necessari. Perchè l’innovazione è molto spesso figlia di visionari che fondano una “start up” e che si assumono alti rischi, ma chi decide di avviarsi ad un lavoro dipendente lo fa sapendo di avere minori possibilità e d’altra parte costituisce, soprattutto oggi, il miglior ammortizzatore sociale possibile rendendo possibile la pianificazione di un ciclo di studi anche lungo per i propri figli e la loro possibilità di mobilità sociale. Così sarebbe più utile rendere possibile un diverso racconto dove l’abbandono dello schema attuale significa che i giovani che vogliono perseguire una sfida diversa hanno opportunità migliori rispetto al passato e ai loro coetanei che invece vogliono un lavoro dipendente. Con destini comunque legati nel preciso momento in cui le start up si consolidano e creano lavoro dipendente. Liberare tutte le possibili opportunità per aziende di nuova concezione e capacità innovativa fa crescere lanostra società e, paradossalmente, crea le condizioni per lavoro stabile, di pregio e poco delocalizzabile. Ripeto: è una questione di rispetto dove l’uno non è meno necessario dell’altro, anche se oggi dobbiamo essere coscienti che le regole del passato non funzionano più, ma soprattutto una discussione basata solo sulle abitudini da abbandonare non ci porta da nessuna parte. Abbiamo davvero bisogno di un discorso più chiaro: nisi clare concipitur, nisi clare exponitur…

Il mio vero augurio per il nuovo anno

Un’esperienza comune è quella di vivere in un mondo sempre più complesso, di difficile lettura e ancor più di difficile “risoluzione”. Se pensiamo poi che tentiamo di giostrarci ogni giorno tra innovazione tecnologica, interessi economici, etica delle decisioni da prendere e via discorrendo, ci potrebbe assalire un certo sconforto e la voglia di mettere la testa sotto la sabbia. E veramente, a volte senza rendercene conto, lo facciamo quando affidiamo la complessità del nostro vivere e delle decisioni da prendere su guerra, pace, nucleare, genetica, eutanasia a una classe di persone incapaci di affrontare questi argomenti e davvero poco preparate a maneggiare e scegliere il nostro futuro scientifico, tecnologico, economico, medico, filosofico: quella che di questi tempi chiamiamo “casta”. Con l’aggravante che questa impreparazione, questa inettitudine si riflette su di noi, ci influenza e tramortisce. Anche se, come ho annotato da qualcuno che non ricordo, questi decisori politici “sono quel che sono perchè noi siamo quel che siamo”. L’augurio è chiaramente quello di superare questa palude. Ma come? Se è vero quello che abbiamo detto prima, bisogna iniziare semplicemente a cambiare, mutare noi stessi: questo è il vero augurio che  faccio a me stesso e a tutti voi. Solo affrontando la complessità di ogni giorno, rimanendo curiosi verso soluzioni nuove, attraverso scelte coraggiose possiamo comprendere di più il nostro mondo e scegliere soluzioni e soprattutto persone che riconosciamo preparate ed in grado di andare oltre i limiti dell’attuale povertà non solo economica. Se saremo più svegli e avremo la volontà di attrezzarci meglio in prima persona, sarà un gioco da ragazzi smascherare l’incapacità di individui che si candidano a prendere decisioni importanti per il nostro futuro senza esserne all’altezza e solo per tornaconto personale…

Ripartire da zero. Un’occasione per ridisegnare la nostra società e la nostra politica

(di Francesco Bonami via Italia Futura)

Nessuno ha il coraggio di dirlo, nemmeno noi, ma diciamolo. È arrivato il momento di ripartire da zero. L’Italia è come uno schermo di un computer congelato dove continua a girare la rotellina multicolore ma nulla si muove e qualsiasi tasto uno prema non succede nulla di nulla. La rotellina multicolore è la politica italiana, il governo ma anche l’opposizione. Stanno girando a vuoto nella speranza che qualcosa all’improvviso si sblocchi.

I tasti che sempre più forsennatamente premiamo sono quelli dei soliti luoghi comuni. Il tasto del ricambio generazionale. Il tasto di una nuova classe politica. Il tasto dello scandalo. Il tasto della magistratura. Il tasto del conflitto d’interessi. Il tasto dei sindacati. Il tasto della rottamatura etc. etc. (altro…)

Quando la casta siamo noi

Questa faccenda della casta e dell’anticasta sta diventando un trabocchetto. Le caste esistono eccome, ma rimane singolare l’approccio che vediamo tutti i giorni nella nostra vita quotidiana al problema. La sensazione che traggo immerso nella mia professione è che, molto spesso, chi si indigna per soprusi e privilegi, se fosse messo in condizioni di aver gli stessi strumenti li userebbe senza grandi ripensamenti. Perchè le caste in Italia sono tante e spesso il tiro al piccione che viene fatto verso i politici tenta solo di spostare il bersaglio da sé stessi. Dirigenti pubblici, avvocati, giornalisti, medici, uomini di spettacolo e di sport condividono la stessa natura di parlamentari e governanti e infettano il normale vivere civile allo stesso modo. Forse è davvero una questione di approcci, perchè se ognuno di noi limitasse il privilegio, grande o piccolo, che l’appartenenza alle mille caste riesce a far fruttare, si prosciugherebbe l’humus che continua a nutrire il privilegio stesso. (altro…)

Piemonte al Centro e la nuova politica

Se osserviamo meglio cosa sta accadendo nel nostro Paese, salta immediatamente all’occhio un vizio di fondo che ci accompagna da diversi anni: siamo il Paese dei “contentini”. Non solo la pratica politica, ma lo stesso tessuto della nostra vita sociale è ricavato dalla possibilità che la “corporazione” a cui apparteniamo, qualunque essa sia – imprenditoriale, professionale, di pubblica amministrazione, di lavoro dipendente – possa ottenere qualche vantaggio in più rispetto a quella vicina. Non esistono politiche pubbliche dotate di una visione generale, ma tutto un sistema di privilegi particolari, limitazioni, esenzioni o possibilità di elusioni che ogni fascia sociale cerca di ottenere per sè e di non estendere ad altri: la lotta, insomma, per avere una parte del dolce possibilmente più grande di quella del vicino. (altro…)