I ticket sanitari hanno un impatto sulle famiglie maggiore dell’Imu o dell’Iva, producono una diminuzione delle prestazioni specialistiche e provocano una diminuzione del gettito nelle casse dello Stato. Queste le conclusioni del Presidente dell’Agenas (l’agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) Giovanni Bissoni derivanti dai dati presentati da uno studio condotto dalla stessa Agenas e presentato il 9 maggio scorso. Per maggiore memoria, i dati si riferiscono al superticket introdotto nel 2011 dalla finanziaria firmata dal Ministro Tremonti e che avrebbero dovuto compensare un mancato finanziamento al Sistema Sanitario Nazionale di 830 milioni, mentre la stima del gettito ottenuto è di soli 244 milioni. Ma gli effetti negativi prodotti non si fermano al solo versante finanziario, registrandosi ad esempio una flessione del 17.1 % di prestazioni specialistiche da parte di cittadini esenti, non attribuibili certamente ad una maggiore appropriatezza delle prestazioni, tenendo anche conto solamente del profilo epidemiologico della popolazione. Riduzione delle prestazioni che danneggia doppiamente il Ssn che realizza entrate molto al di sotto delle stime iniziali ma con costi fissi inalterati. La maggiore flessione riguarda in maniera più marcata gli esami di laboratorio. Per farla breve – e dare un numero significativo – gli effetti del superticket tremontiano si aggirerebbero in media a circa 400 € a famiglia. Come altre volte, quindi, bisogna porre maggiore attenzione alle spese nemmeno tanto nascoste che una tassazione sprovveduta produce e smettere di considerare prioritari falsi obbiettivi politici come quelli dell’Imu.
Dorino Piras
La Salute, l'Ambiente, il Lavoro
Un’apparente contraddizione affligge oggi la sanità pubblica, intesa come disciplina o campo d’azione: mentre si accumulano prove sulla dimensione “sociale” della salute, il suo ruolo diviene progressivamente marginale e non sempre compreso.
Lang e Rayner suggeriscono sul BMJ[1] che questa incongruenza sussista in quanto la sanità pubblica ha a che fare con la struttura della società e può quindi minacciare interessi costituiti. Inoltre, si assiste anche in sanità a uno slittamento progressivo verso l’atomizzazione e le scelte individuali – verso quel fenomeno sociologico che si può definire, parafrasando Bauman, come la “solitudine del consumatore”.
Un interessante articolo di Enrico Materia e Giovanni Baglio su Saluteinternazionale.info
Butto lì una notiziola che ben concentra quello che penso di quest’ultimo periodo e della Festa del 1° maggio. A New York un chirurgo italiano ha impiantato una trachea artificiale in una bambina di 2 anni che era nata senza tale organo. Bene, ma che c’entra? Immaginatevi a questo punto un paese diverso. Dove la Festa del lavoro sia un momento in cui si ragiona proprio sull’eccellenza del lavoro e sul perchè quest’ultimo manchi. Perchè la costruzione bioingegneristica di un organo così complesso nasce dalle idee e dal lavoro di moltissime persone: lavoro buono che porterà altro lavoro buono e remunerativo. Lavoro complicato, che se lo sai fare non esisterà nessun “cinese” che te lo porterà via. Se poi il la Festa del Lavoro si svolge in uno dei periodi più difficili per un Paese come il nostro, la riflessione si allarga e diventa più marcatamente “politica”. Non quella politica che continuiamo a farci macerare dai “media”, che domanda risposte alle “grandi intese”, al prossimo segretario del tal partito, al colore della pelle dei ministri e via discorrendo. Politica nel senso che le persone iniziano a domandarsi: come è possibile che in un certo momento, in un determinato luogo, un tal chirurgo abbia compiuto questa cosa strana che ha il sapore del miracolo? Cioè le persone nelle varie forme di associazione che ritengono più utili, si pongono una domanda concreta su un problema concreto che è stato risolto. In sostanza: in che modo è stato possibile che accadesse tutto ciò? Come è possibile farlo accadere anche a casa nostra? Nessuno è così frescone da non capire che esiste una filiera di azioni e reazioni tra la scelta ad esempio di un segretario di partito e un intervento chirurgico di eccellenza. Ma la il popolino normale di cui faccio parte pensa che forse questo “distacco” lamentato tra politica e cittadini sia soprattutto dato dall’incapacità di fare domande giuste e concrete – le risposte, come diceva un noto giallista, sono semplici-. Io immagino un insieme di persone che in un circolo di partito o nella sala di un’associazione inizia a discutere, ad esempio il 1° maggio, di come sia stato possibile impiantare una trachea artificiale in una bambina di 2 anni. Perchè, nella stessa storia, esistono snodi che “più politici non si può”. Ad esempio come un’agenzia come la Food and Drug Administration, nota per una certa tignosità sulle autorizzazioni, abbia bruciato i tempi ed abbia permesso in tempi veloci e garantendo la massima sicurezza possibile, una tale innovazione. Senza scadere nei tranelli alla “Di Bella” di casa nostra. E abbia permesso che un medico “straniero”, per i parametri americani, extracomunitario, raggiungesse questo risultato in una struttura statunitense. E le domande potrebbero a questo punto essere altre mille. Ecco la “politica” che vorei che si discutesse tra le persone “normali”: cosa è necessario mettere in campo anche nella nostra piccola realtà per raggiungere questi risultati? Personalmente mi domanderò queste cose scegliendo, questo 1° maggio, di timbrare come ogni giorno il cartellino nell’ospedale dove lavoro e cercando le risposte necessarie in una corsia sconosciuta assieme alle persone che lì sono domani ancora ricoverate. Anche se potevo evitarlo…
Se un fantasma si sta aggirando nelle aule dei palazzi romani della politica, non è certamente quello della legge elettorale o delle mancate promesse sull’elezione del Presidente della Repubblica (e comunque lunga vita a Re Giorgio!). Il fantasma vero che si materializzerà tra poco tempo, è quello di raccogliere una decina di miliardi di euro per rimettere in carreggiata la macchina italiana. Tutto quello a cui stiamo assistendo è verosimilmente un siparietto che nasconde questa piccola ma cruda verità. Le stesse rassicurazioni di Grilli sul buon andamento dei conti statali, non potranno esimere il Governo prossimo venturo, di qualunque nuance sarà, nel trovare in qualche maniera questa cifra. E sarà davvero complicato, sia per chi sosterrà che per chi si opporrà al prossimo esecutivo, spiegare il come e perchè di questo tornante. Quindi la speranza rimane quella che questo “fumus” politicista venga presto diradato per far posto ad una seria discussione e condivisione su ciò che davvero sarà necessario fare e come farlo.
La verità sulle prossime elezioni del Presidente della Repubblica, potrebbe stare nel mezzo. Suggestiva di una diversa lettura su cosa stia avvenendo è l’intervista di Rosy Bindi oggi da Lilly Gruber. Il ragionamento è in fondo più semplice di quello che appare. In sostanza: se alle prime 3 votazioni passa Marini, pace. La nostra Costituzione vuole che i primi scrutinii abbiano almeno i 3/4 dei voti, come espressione della volontà di massima convergenza, di massima unità. Se però alla 3 votazione non si raggiunge l’elezione di un nome condiviso dalla grande maggioranza del Parlamento, ognuno per sè e Dio per tutti. Quindi se non emerge un nome di “unità nazionale”, potrebbe verificarsi il rientro di nomi che esprimono solo una maggioranza “di parte”, non escluso quello di Romano Prodi. E quindi, se M5s mantiene fisso il nome di Rodotà, non è detto che il giurista non possa farcela. E se i parlamentari con “sensibilità” renziana “impallinano” Marini il gioco è fatto. Insomma, la vecchia e cara Prima Repubblica. Che bisogna rispolverare per capirci qualcosa anche oggi…
Il ruolo del Presidente della Repubblica è una fondamentale garanzia costituzionale e, proprio in quanto tale, è sempre più importante in un contesto politico incerto.
Questa fase storica è, per la nostra Repubblica, particolarmente complessa, perché il paese attraversa una trasformazione importantissima, densa di difficoltà e di opportunità. A deciderne la direzione saranno le scelte che verranno operate nei prossimi mesi e il prossimo Presidente della Repubblica avrà in questo un’importanza determinante.
Gli italiani si chiedono chi potrà svolgere con adeguata sensibilità questa importante funzione.
Tra i molti candidati citati in questi giorni, noi cittadini del mondo delle professioni, della cultura, dell’associazionismo, dei movimenti, uomini e donne di diversa fede politica, sosteniamo Stefano Rodotà.
Da sempre attento al tema dei diritti della persona e della responsabilità, conosce a fondo il senso politico e sociale delle nuove tecnologie, riflette da tempo sulle loro conseguenze nel campo dei diritti e interpreta le opportunità che offrono per un rinnovamento e uno sviluppo della democrazia. Ma non solo.
In perfetta coerenza con tutto questo, negli ultimi anni si è preoccupato di sottolineare un tema essenziale: quello della giustizia sociale e della gestione pubblica dei beni comuni. Rodotà dimostra una straordinaria consapevolezza intorno al fatto che in un momento di gravissima crisi diventano prioritari i diritti alla sopravvivenza. Per questo ha insistito sulla istituzione di un reddito di cittadinanza per tutti.
Rodotà è un laico che rispetta ogni confessione religiosa. Sempre attento alla differenza del pensiero femminile e ai contributi da esso generati, è uomo del dialogo che rifiuta la violenza come strumento per la risoluzione delle controversie.
Noi riteniamo che Stefano Rodotà incarni fedelmente i valori della nostra carta fondamentale.
E il nostro paese ha bisogno di una persona come lui, indipendente, di grande saggezza ed esperienza e con una visione moderna dei problemi, che sia garante della Costituzione italiana ed europea.
Se come supremo garante del nostro assetto costituzionale avremo una figura adeguata ai tempi, gli italiani potranno avere maggior fiducia nel sistema, sapranno che le pulsioni autoritarie potranno essere fermate, la logica dell’”uomo solo al comando” potrà essere vinta. -
La ” Legge Basaglia “180” sarà presa come esempio di eccellenza dalla Danimarca che si appresta a riformare il proprio sistema di assistenza ai malati mentali. Lo stesso Ministro della salute Astrid Krag ha guidato, lo scorso 8 aprile, una delegazione a Roma e Trieste per meglio studiare il nostro sistema nato nel 1978 dagli studi di Basaglia proprio a Trieste. L’interesse della delegazione si è focalizzato sulle capacità applicative nei diversi contesti territoriali e il Ministro danese ha, al termine della visita, sottolineato l’importanza di questa visita come stimolo di orientamento per l’imminente riforma sull’assistenza psichiatrica nel Paese scandinavo.
Nell’impasse generale qualcosa si muove soprattutto riguardo uno dei veri nodi di questa “strana” legislatura. Stefano Esposito (Pd) ha promosso insieme a Francesco Verducci e Gianluca Susta, un disegno di legge per l’abrogazione dell’attuale “Porcellum” ed il ritorno veloce al precedente sistema, il “Mattarellum” che prevede un sistema maggioritario misto per l’elezione dei Parlamentari assegnando il 75% dei seggi attraverso collegi uninominali (e il restante 25% con liste proporzionali). Ed è proprio la necessità di “fare presto” che ha convinto i proponenti a rompere gli indugi e riproporre quello che in fondo moltissimi italiani auspicano. Nelle stesse parole di Esposito “ovviamento non è il migliore sistema in assoluto, ma è sicuramente la cosa più rapida che si possa fare”. “I recenti risultati elettorali che ci hanno condotti in una situazione di ingovernabilità” – continua Esposito – ”confermano come l’attuale legge basata su liste bloccate e due diversi premi di maggioranza a Camera e Senato è una ‘porcheria’ che non può più in alcun modo essere difesa: una legge costruita appositamente per impedire una vittoria elettorale netta ha reso possibile l’affermarsi di un paralizzante tripolarismo. Se davvero tutte le forze politiche sono convinte, senza riserve mentali, che la vera priorità della XVII legislatura (indipendentemente dalla sua durata) sia la riforma elettorale, allora non serve inventarsi tavoli di lavoro coinvolgendo gli sherpa dei vari partiti in estenuanti quanto inconcludenti negoziazioni.