Dorino Piras

La Salute, l'Ambiente, il Lavoro

Nature: la scienza in Italia non conta nulla

Il Post riporta un duro editoriale della prestigiosa rivista Nature sui rapporti tra Scienza e Politica in Italia.

La scienza è soggetta a un sospetto irrazionale in molti paesi, ma in Italia c’è la percezione che la scienza non abbia alcun peso: una condizione dovuta a decenni di pochi finanziamenti e disprezzo da parte della classe politica. L’Italia investe appena l’1,26 per cento del suo prodotto interno lordo nella ricerca e nello sviluppo (R&D), rispetto alla Germania che investe il 2,82 per cento e alla media del 2 per cento dell’Unione Europea. Nel 2009, in Italia erano impiegate a tempo pieno solo 226mila persone nel settore R&D, mentre in Germania erano 535mila. Il sistema soffre da tempo della mancanza di soluzioni per favorire il merito, cosa che favorisce il clientelismo per ottenere incarichi e promozioni in ambito accademico. I responsabili delle istituzioni di ricerca sono diventati tali spesso per indicazione politica e non per le loro competenze”.

Le cose non sembrano migliorare nemmeno in tempi di governo tecnico per le continue giravolte del Ministro Profumo, che solo ultimamente ha deciso di dialogare con i ricercatori creando una consulta degli enti di ricerca.

Colpisce la chiusura dell’intervento di Nature: È cruciale in questo momento che i responsabili degli istituti di ricerca siano lasciati in pace per portare a compimento la riforma, e che la scienza non cada vittima – ancora una volta – di politiche poco trasparenti. Costruire il rispetto per la scienza richiede tempo”

Il problema non è essere d’accordo, il problema è esserne convinti nel profondo e riportare nell’agenda politica la scienza e la ricerca come questioni dirimenti per il futuro dell’Italia.

Luca Sofri e il mondo salvato dai giornalisti

Un interessante spunto dall’intervento di Luca Sofri al all’International Journalism Festival di Perugia dello scorso 28 aprile

Il futuro è un continuo periodo di transizione, come lo è il presente: non stiamo aspettando che le cose si consolidino, che nuove regole siano codificate, che arrivino le idee che sostituiscono quelle con cui abbiamo fatto i giornali fino a ieri. No. Siamo già dentro alle cose come saranno: saranno tante, diverse, e conviveranno insieme e noi le useremo tutte. Quello che dovremo essere capaci di fare è riconoscerle, distinguerle, capire quali sono vere e quali false, quali durano un giorno e quali cambiano il mondo, quali sono fesserie più o meno curiose e divertenti e quali aiutano a capire la realtà, quali sono scritte per farcela capire e quali per guadagnare dei soldi. Ammesso che vogliamo continuare a capire il mondo e i suoi funzionamenti presenti e futuri.

(Luca Sofri) Continua a leggere il testo completo sul blog Che Futuro

Benvenuto a “Post”. L’editoriale di Luca Sofri

Oggi va online il Post. In questi due anni (quasi) ho spiegato e raccontato decine di volte quel che pensavo sarebbe diventato: e ogni volta in modo diverso, man mano che me lo figuravo meglio e che il racconto si adattava agli interlocutori. Ma il problema è che non ha un nome, una cosa così: giornale online, si dice ancora, ma è un nome che allude a un tipo di contenitore di notizie che è stato molto ribaltato in questi anni ed è un nome che nasconde le vere dimensioni di questo cambiamento. Ci sono dei giornali online, sì: sono fatti come dei giornali di carta, a volte bene e a volte no, e sono online. Quello che vuole essere il Post, invece, è un’altra cosa. I suoi modelli sono americani, ma anche lì non sanno ancora come chiamarli. Strano, no? Si inventano parole per tutto. Invece anche loro li chiamano siti di news, o ancora blog, o superblog. (continua a leggere su il post)