nov 032013
 

Circolano sulla rete ampi stralci del prossimo rapporto dell’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change) che verrà pubblicato nel prossimo marzo e che descrive le pressioni sull’ambiente del global warming – o riscaldamento globale -. Le note presenti sono in linea rispetto alle diverse previsioni che da ormai decenni ci allertano su un aumento dei conflitti per le risorse, povertà, caldo, siccità e via discorrendo. In sostanza l’impatto del peggioramento delle condizioni ambientali riguarderà la crescita economica soprattutto nei paesi a basso e medio reddito pro-capite creando anche sacche più profonde di diseguaglianza nei paesi più ricchi. Da rimarcare è comunque l’atteggiamento dello studio che distingue le diverse cause dell’arretramento economico, rimarcando però come il global warming potrà rappresentare un fattore di peggioramento decisivo. Lo stesso Chris Field, primo autore dello studio, spiega che il peggiore degli scenari descritti si riferisce alle condizioni in cui l’umanità non agisca in nessun modo per contrastare queste tendenze: “Non sono disperato” – avverte Field – “perché vedo la differenza tra un mondo in cui non facciamo nulla e uno in cui ci rimbocchiamo le maniche e facciamo qualcosa”.  Se continuano a rimanere moltissimi dubbi sul fatto che i diversi paesi stiano procedendo con sufficiente forza nelle diverse azioni necessarie, rimane il fatto che siamo ancora in tempo per invertire in maniera virtuosa lo scenario previsto. Anche se bisognerebbe tornare a far correre la più importante delle risorse sostenibili e rinnovabili: la volontà politica.

Qui è disponibile la traduzione italiana a cura della Fondazione Sviluppo Sostenibile

set 272013
 

In tempi di decadenza, il rapporto dell’IPCC ci consegna una annotazione di cui qualcuno non era ancora del tutto convinto: il riscaldamento climatico è una questione politica. Oltre 200 autori, 600 contributori e 1500 revisori ci consegnano prove documentali di come il global warming sia conseguenza delle attività dell’uomo. In termini si dice che è “estremamente probabile” mentre nei numeri si parla del 95-100% di probabilità, portando in maniera più dettagliata la conferma già emersa dal rapporto del 2007. Il tutto si potrà leggere nella versione presentata oggi denominata AR5, documento di una quarantina di pagine destinato principalmente proprio ai decisori politici che anticipa il raporto vero e proprio di più di 2000 pagine che sarà consultabile nei prossimi giorni anche in forma digitale sul ti dell’IPCC. In sostanza i dati fotografano un riscaldamento costante a livello di oceani e atmosfera con innalzamento del livello dei mari, aumento delle concentrazioni di gas serra e temperature medie. Cose già note, certamente, ma supportate da dati ormai che hanno la solidità dell’acciaio e che non possono essere più ignorate dalle agende politiche internazionali, ancora titubanti sulla responsabilità delle attività umane che hanno messo in scacco le ultime conferenze sul clima come l’ultima tenutasi a Doha. Nessun panico, a patto che finalmente le pagine che ci accingiamo a fare nostre porteranno ad un’altra consapevolezza. Politica.

lug 272013
 

Alcuni dati ambientali sembrerebbero indicare un rallentamento delle temperature registrate in atmosfera, tanto da spingere alcuni climatologi ad affermare una sorta di “pausa” nel riscaldamento globale. Il Met Office inglese, ha però analizzato un po’ più attentamente il problema giungendo a conclusioni diverse: il calore presente è comunque in aumento ma viene maggiormente assorbito dagli oceani. In sostanza non si sta scaldando l’atmosfera ma l’acqua dei mari. Tutto ciò non è senza conseguenze perché questo innalzamento della temperature delle acque provoca un aumento di volume degli oceani con un innalzamento del livello dei mari. Comunque tale rallentamento dell’aumento delle temperature atmosferiche potrebbe risolversi in una opportunità da cogliere quasi come ultima spiaggia: sul piano generale il raggiungimento della soglia critica di aumento di 2°C potrebbe essere posticipata di una decina d’anni, permettendo una migliore transizione dalle fonti fossili a quelle rinnovabili che bloccherebbe, appunto, l’aumento della temperatura.

giu 232013
 

Barack Obama riparte all’assalto contro il Global Warming – riscaldamento climatico – ed annuncia un “Piano Nazionale” che verrà presentato martedì 25 giugno alla Georgetown University. Poche le indiscrezioni sul contenuto del piano eccettuata quella riportata dal Wall Street Journal secondo il quale il piano prevede una regolamentazione delle emissioni delle centrali elettriche con forti riduzioni da parte soprattutto delle centrali a carbone. Ma dalle parole del Presidente Usa, oltre alla volontà di rispettare gli impegni internazionali presi per la riduzione del 17% delle emissioni di gas climalteranti rispetto ai livelli del 2005, traspare la convinzione che la green economy possa contribuire in maniera strategica al consolidamento dei fondamentali di produzione economici del gigante  americano. «Abbiamo bisogno di scienziati che mettano a punto nuovi combustibili; abbiamo bisogno di ingegneri che individuino nuove fonti energetiche e di aziende che le producano e le vendano; abbiamo bisogno di lavoratori che gettino le basi per un’economia ‘pulita’. Abbiamo bisogno di tutti, ognuno deve fare la propria parte per preservare quello che Dio ha creato per le future generazioni» ha dichiarato Obama. Il cambiamento climatico è per l’amministrazione americana non solo una sfida seria, ma l’opportunità per un nuovo paradigma economico