ago 122010
 

Ognuno si rende ben conto inconsciamente che il rientro non sarà facile, per non dire altro. Basta prendere sul serio qualche notizia che  ha fatto l’attualità di questa settimana: in Francia il numero di posti di lavoro distrutti è stato il più elevato dagli anni ’30 e delle onde di violenza percorrono le banlieues; In Europa la recessione si consolida con i piani di rigore; negli Usa una annunciata ricaduta della crescita lascia intendere che la crisi è lontana dal termine; gli incendi in Russia e le inondazioni in Pakistan ci ricordano la forza della natura alla quale l’uomo aggiunge i propri squilibri.

D’altra parte quali le buone notizie? In Europa padroni trionfanti annunciano profitti record e versano nelle proprie tasche bonus mai visti; In Asia e in altre parti sfoggiano delle crescite insolenti.

Alcuni, tra i più potenti, come dire i più ricchi, comprendono le minacce risultati da tali disequilibri e agiscono: la decisione di qualche miliardario americano, tipo Bill Gates e Warren Buffet, di impiegare almeno la metà dei propri patrimoni ad azioni di sviluppo mostrano, meglio di tutti i G20, la presa di cosscienza della necessità di una sincera azione mondiale e il discredito nel quale sono caduti i governi; se un tale movimento si estenderà a macchia d’olio, avrà un impatto considerevole e farà nascere una sorta di plutocrazia planetaria, innesco di un governo mondiale a carattere censuario. Continue reading »

giu 172010
 

LA POLITICA RESTRITTIVA AGGRAVA LA CRISI, ALIMENTA LA SPECULAZIONE E PUO’ CONDURRE ALLA DEFLAGRAZIONE DELLA ZONA EURO. SERVE UNA SVOLTA DI POLITICA ECONOMICA PER SCONGIURARE
UNA CADUTA ULTERIORE DEI REDDITI E DELL’OCCUPAZIONE

 Ai membri del Governo e del Parlamento
Ai rappresentanti italiani presso le Istituzioni dell’Unione europea
Ai rappresentanti delle forze politiche e delle parti sociali
Ai rappresentanti italiani presso le Istituzioni dell’Unione europea e del SEBC
E per opportuna conoscenza al Presidente della Repubblica

La gravissima crisi economica globale, e la connessa crisi della zona euro, non si risolveranno attraverso tagli ai salari, alle pensioni, allo Stato sociale, all’istruzione, alla ricerca, alla cultura e ai servizi pubblici essenziali, né attraverso un aumento diretto o indiretto dei carichi fiscali sul lavoro e sulle fasce sociali più deboli.

Piuttosto, si corre il serio pericolo che l’attuazione in Italia e in Europa delle cosiddette “politiche dei sacrifici” accentui ulteriormente il profilo della crisi, determinando una maggior velocità di crescita della disoccupazione, delle insolvenze e della mortalità delle imprese, e possa a un certo punto costringere alcuni Paesi membri a uscire dalla Unione monetaria europea.

Il punto fondamentale da comprendere è che l’attuale instabilità della Unione monetaria non rappresenta il mero frutto di trucchi contabili o di spese facili. Essa in realtà costituisce l’esito di un intreccio ben più profondo tra la crisi economica globale e una serie di squilibri in seno alla zona euro, che derivano principalmente dall’insostenibile profilo liberista del Trattato dell’Unione e dall’orientamento di politica economica restrittiva dei Paesi membri caratterizzati da un sistematico avanzo con l’estero.

(Continua qui)

apr 232010
 

Per dire come dovrebbero funzionare le cose faccio un piccolo esempio. Negli Usa, dallo scorso dicembe, i ministri dell’educazione e del tesoro hanno lanciato un progetto di educazione finanziaria nelle scuole, così come avvenuto anche in Gran Bretagna. Il motivo è semplicemente dato dal fatto che la recente crisi economica ha messo a nudo il fatto che la popolazione non possiede le nozioni base su come si gestiscono i mutui, i contratti di acquisto di una casa o le proprie scelte pensionistiche. L’idea è che l’abc su questi argomenti va conosciuto prima e non dopo l’aver fatto questo tipo di scelte. Una carta di credito mal gestita, i mutui subprime e altro ancora appartengono a decisioni che sono prese in prima persona dalle singole persone, ma che a lungo andare possono coinvolgere interi capitoli di debito pubblico indirettamente, ma anche direttamente.   Per non parlare delle semplici risorse di una famiglia: fenomeni che possono non apparire per periodi di tempo anche medio-lunghi, ma che quando esplodono non sono rincorribili. Certamente rimane la consapevolezza che tutto ciò può non essere sufficiente, ma sicuramente è meglio che niente. Senza fare tante parole e stracciarsi le vesti, bisognerebbe ispirarsi a questo tipo di pragmatismo utile e farne tesoro anche noi.