ambiente1In tempi di disaffezione politica, rimarcata soprattutto dall’astensionismo giovanile alle ultime elezioni europee – dove circa il 70% dei giovani francesi non ha partecipato alle elezioni europee -, Hervè Kempfe inviato di Le Monde ci parla di una nuova esperienza politica che si è tenuta dal 3 al 10 agosto a Notre-Dame des Landes.
Il tutto è partito dall’opposizione locale alla costruzione di un aeroporto a nord di Nantes, per cui era stata organizzata una settimana della resistenza da diverse associazioni prevalentemente ecologiste e di sinistra. Accanto a forme di manifestazione più tradizionali, la maggiore partecipazione, soprattutto giovanile, si è avuta al “campo di azione climatica”, nuova forma di confronto politico già inaugurato in Gran Bretagna nel 2006 e che è stata replicata in Germania, Stati uniti, Danimarca, Belgio ecc. In sostanza questa forma di lotta prevede di mettere in pratica il modo di vita ecologico raccomandato dai manifestanti, che in prima persona ne vogliono dimostrare la fattibilità. L’idea sottostante è semplice: non si può cambiare la società se non si cambia individualmente. Il “campo” ha dimostrato la possibilità di una vita sobria a basso impatto ecologico: energia eolica, pannelli solari e generatori ad olio vegetale assicuravano una quasi completa autonomia energetica; l’acqua era fornita da un vicino agricoltore; i bagni erano congegnati in maniera tale da produrre un compost riutilizzabile in agricoltura e via discorrendo.
Ma soprattutto si è trattato di sperimentare una nuova modalità di organizzazione e di decisione comune. “Le persone possono organizzarsi in modalità non gerarchiche, senza che ci sia un dirigente che le costringa o che mostri loro come fare. La cooperazione basata su accordi volontari tra le persone è più inventiva, più efficace e soprattutto più giusta per affrontare le sfide ecologiche e sociali attuali” come viene descritto nel loro sito internet.
Le decisioni nel campo vengono prese attraverso il consenso dell’assemblea generale quotidiana. Non esiste un portavoce, nessun eletto, non votazioni; ma attraverso discussioni che devono raggiungere il consenso sui temi dibattuti. Il consenso significa che le persone che non sono d’accordo con le decisioni prese, sono invitate ad esprimere la ragione del loro dissenso e la decisione può essere modificata in modo da trovare una terza via conveniente per tutti.
Attraverso il voto, spiegano i partecipanti, il 50% delle persone sono contente ed il 50% insoddisfatte. L’interesse della decisione attraverso il consenso è quella di raccogliere l’adesione piena delle persone e dunque avere una implicazione ed una appropriazione della decisione di tutti, perché tutti hanno contribuito. E’ democrazia, ma non rappresentativa. Alcune procedure particolari aiutano la discussione. Un linguaggio dei segni permette di esprimere la propria opinione senza parlare (per esempio mani agitate in aria significano approvazione).
Alcuni volontari hanno il ruolo di facilitatori della discussione con il compito anche di assicurarsi che non rimangano degli esclusi. Questo sistema permette una vera qualità d’ascolto tra le persone con posizioni opposte: non c’è più un rapporto di forza, ma d’intelligenza.
“Non è per il fatto che noi siamo delusi dalla pratica politica che bisogna lasciare la pratica politica a coloro che ci hanno deluso” concludono i  partecipanti al campo.
Certo  – chiude l’articolista di Le Monde -, ma i democratici classici e sinceri hanno tutto l’interesse a comprendere ciò che i democratici Eco-autonomi hanno loro da dirgli. Intanto, ben venga che essi vogliano ridare vita ad un sistema politico che una larga parte del popolo  considera sempre più come un guscio vuoto ed illegittimo.