dic 182012
 

Ognuno di noi maturerà un’idea su quest’anno di governo tecnico presieduto da Mario Monti e certamente non mancheranno autorevoli commenti ed analisi che chiariranno ancora meglio cosa sia accaduto e perché. Una lezione sembra però farsi strada analizzando questo strano anno: più che tecnico, questo esecutivo è sembrato tecnocratico. In sostanza,  i veri giocatori in campo sono stati i veri depositari dell’esperienza e delle informazioni ministeriali:   i diversi alti funzionari con carriere ormai “a vita” e monopolizzatori di una struttura politica apparsa in diversi momenti succube. Le diverse prove di questo stile “tecnocratico” si possono evidenziare in diversi passaggi a cui abbiamo assistito con un lieve sconcerto. Ad esempio la mancanza dei dati sugli “esodati” –  successivamente diffusa all’insaputa del ministro “competente” – passando per i decreti sui farmaci che non hanno portato a nessun tipo di risparmio per lo Stato ricalcando leggi già esistenti fino al taglio sull’Irpef  comunicato all’italico popolo in trasmissione televisiva dal solerte Sottosegretario all’economia. Senza parlare di tentativi sotterranei di introduzione di giochi contabili, come quello dei ricongiungimenti onerosi pensionistici nel tentativo di produrre un risparmio contabile a corto raggio che si sarebbe ribaltato in modo iniquo successivamente. Questa puntualizzazione dovrà servire ai prossimi governi per mettere mano alla riforma delle carriere degli alti burocrati statali, incontrastati “dominus” non sottoponibili al giudizio del gioco democratico ma nei fatti monopolisti in grado di segnare le linee d’intervento di ogni governo di marca tecnica o politica del futuro. Un governo tecnocratico nascosto che, per forza di cose, continuerà a difendere e non contraddire scelte legislative già fatte in passato di cui sono stati gli effettivi estensori e che nessun politico riuscirà a ribaltare, soprattutto dopo che abbiamo toccato con mano che nemmeno i “tecnici” riescono a farlo. E che sarà ancora più forte quanto saranno deboli le maggioranze politiche presenti. Ecco quindi una delle prime riforme che in realtà la politica dovrà compiere: un ricambio ragionato di queste figure che non potrà avvenire in maniera burrascosa e con tempi eccessivamente stretti, ma che dovrà favorire la crescita di figure in formazione pronte a subentrare in tempi ragionevoli e quindi con la necessità di affinare le proprie competenze e conoscenze in attesa di ricoprire nuove competenze. Non è un caso, a guardar bene, che nella cosiddetta agenda Monti non sia mai esistita una riforma della Pubblica Amministrazione in tal senso, arrivandosi persino alla nomina del Ministro della Funzione Pubblica in un secondo tempo. Crediamo che questo punto rimanga di nodale importanza  per i prossimi governi, pena un significativo blocco della capacità “riformista” dei prossimi esecutivi e il perdurare dell’impasse del nostro Paese. Ricordiamocelo