apr 232010
 

La discussione sull’acqua pubblica mi sembra un po’ monca e paradossale. Mi spigo meglio. In Provincia di Torino l’idea di acqua pubblica come bene comune è stata difesa in questi anni da un organo che si chiama Autorità d’Ambito (ATO), che deliberava democraticamente attraverso una conferenza formata da amministratori pubblici, che imponeva costi e opere tenendo come fine supremo il fatto che l’acqua è di tutti ed è un bisogno essenziale. La stessa Autorità d’Ambito ha sempre vigilato e operato fattivamente per fare in modo che tutto queto restasse pubblico, come pubblica è anche la società che gestisce, per conto dell’ATO, l’acqua sul nostro territorio. Senza ricordare come siano state deliberate tariffe che tenevano conto della composizione famigliare, della ricchezza stessa delle famiglie, siano state consolidati aiuti internazionali ed altre cosette del genere, oggi l’Autorità d’ambito sembra destinata a sparire attraverso una legge approvata dalla destra di questo Paese. Ciò che mi fa specie non è tanto la legge “destrorsa” ma il comportamento sinistrorso nelle sedi di competenza. La legge, almeno fin quando ho seguito la sua evoluzione, permetteva anche la possibilità di scelta, affidata alle Regioni, di mantenere in piedi questo tipo di organizzazone del servizio. Ora, se ad esempio in un Consiglio Provinciale (poniamo quello di Torino) si facesse una giusta, corretta ma decisa battaglia per mantenere l’Autorità d’Ambito Torinese dell’acqua con le stesse caratteristiche attuali, si raggiungerebbe un risultato concreto, solido e politicamente rilevante al posto di enunciazioni di principio fatte con ordini del giorno o mozioni che lasciano il tempo che trovano. Poche parole e mobilitazioni di maniera, quindi e, per chi avesse davvero a cuore la questione dell’acqua, più fatti concreti.