ago 312009
 

medicinaEsiste una storia poco conosciuta che coinvolge una ricercatrice italiana, Ilaria Capua, diversi virus tra cui quelli dell’influenza aviaria (H5N1) e della cosiddetta suina H1N1, L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).  Tra il 2004 ed il 2006 si era in pieno clamore per il problema dell’influenza aviaria, di cui si erano isolati diversi focolai anche nel nostro Paese. Ben presto risultò chiaro che il virus riusciva a passare il confine tra le diverse specie (animale-uomo) e che quindi era necessario un progetto interdisciplinare e condiviso per comprendere i fattori che ne determinano la virulenza (in sostanza la capacità di infettare) e la diversa capacità di modificarsi. Nel 2006 il laboratorio di Ilaria Capua riuscì ad isolare la sequenza genetica del virus H5N1 africano ed isolato in Nigeria. Il bello della faccenda venne fuori quando l’OMS chiese ai ricercatori di depositare la sequenza genetica in un database il cui accesso era limitato a quindici laboratori. Ma successe un fatto inatteso: i ricercatori rifiutarono di seguire quella modalità e decisero invece di inserire le informazioni sulla sequenza genetica in una banca dati ad accesso libero, la GenBank. Perché? La stessa dott.sa Capua lo chiarisce in una intervista rilasciata al “Giornale della Previdenza dei Medici e degli Odontoiatri” organo dell’Enpam. “…la minaccia alla salute pubblica e l’allarme sociale che ne era derivato non consentivano la restrizione all’accesso che di solito viene garantito per lasciare ai ricercatori il tempo necessario ad analizzare i dato e pubblicarli. (…) nel momento in cui un patogeno bussa alla porta dell’ospite uomo con una mortalità pari alla metà della popolazione infettata, non c’è spazio per tenere le informazioni nel cassetto. Per questa ragione la piattaforma da noi scelta permette agli iscritti di visionare le sequenze e le informazioni inserite”. Il database è chiaramente accessibile a tutti i ricercatori iscritti che devono essere identificabili e che comunque si impegnano a rispettare le regole sulla proprietà intellettuale e via discorrendo. Ma proprio questo tipo di condivisione di dati ( e lo stesso Gisaid) è stato uno dei motivi che hanno permesso oggi di comprendere in tempo reale che il virus H1N1 – quello dell’influenza suina – possiede una combinazione multipla con caratteristiche genetiche del virus dell’influenza umana, dell’aviaria e di due diversi ceppi di influenza suina provenienti dall’America e dall’Eurasia. “Lo stesso Direttore dell’OMS” – ha commentato Ilaria Capua – ha riconosciuto l’importante ruolo che la piattaforma ha giocato in termini di rapidità e sicurezza dello scambio di informazioni”.

Le conclusioni sulla necessità di mantenere aperta la collaborazione e la libertà scientifica,  del moderno approccio “open source” delle informazioni non solo scientifiche, dell’interdisciplinarietà e del valore della collaborazione aperta sono facilmente comprensibili a ognuno di noi. 

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lug 252009
 

 Se avevamo qualche perplessità sulla necessità della vaccinazione per l’influenza suina, Silvio Garattini ha fatto  sentire la sua autorevole opinione tramite un’intervista all’ANSA in cui afferma, senza tanti giri di parole, che per  l’attuale forma del virus, la vaccinazione di massa non è necessaria. ” Se il virus manterrà il livello di virulenza  attuale con bassa aggressività clinica, non c’è la necessità di vaccinare tutta la popolazione ma, sarebbe piuttosto  opportuno valutare l’ipotesi di vaccinare solo gli operatori sanitari” ha affermato Garattini. “Se invece il virus dovesse mutare, non è detto che il vaccino in produzione sia in grado di proteggere. Dunque realisticamente quello che andrebbe fatto in questo momento è cercare di diminuire le possibilità d’infezione”.

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lug 252009
 

Focus

 Il rapporto tra malattie e diffusione di informazioni attraverso il web 2.0, viene riproposto in questi giorni con il caso della cosiddetta  ”influenza suina” che sta preoccupando tutto il mondo. Per capire qualcosa di più della nuova influenza, di ciò che sta girando intorno ad  essa e delle strategie comunicative che molti Paesi stanno adottando nei confronti della proprie popolazioni, segnalo un bellissimo testo ( La nuova influenza viaggia sul web 2.0) di Eugenio Santoro  del Laboratorio di Informatica Medica – Dipartimento di Epidemiologia dell’Istituto Mario Negri. Interessanti anche i richiami a FluTraker e HealtMap, strumenti che permettono di visualizzare su mappe i casi di influenza ufficializzati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità 

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mag 022009
 




E’ davvero un sintomo dei nostri tempi quello che sta avvenendo attorno al problema della febbre o influenza suina. La malattia è data innanzitutto da un virus e come molti virus si è modificato ed è riuscito a infettare l’uomo. La cosa è meno strana di quello che normalmente si pensa, anzi è abbastanza normale. Le immediate conseguenze sono almeno due: non serve a nulla non mangiare carne di maiale e soprattutto non serve a nulla prendere antibiotici, che agiscono sui batteri e non sui virus. La capacità dei virus di passare da una persona all’altra è abbastanza alta. Pensate all’influenza e a che cosa accade in inverno: la globalizzazione centra quindi poco, se non per il fatto che la trasmissione da un continente all’altro è certamente più veloce, bastando un semplice viaggio aereo per diffonderla da un continente all’altro. Nella storia d’altra parte è sempre successo che le epidemie viaggiassero da un continente all’altro.

Il virus sembra inoltre poco aggressivo. Sembra geneticamente molto lontano da altri suoi fratelli come ad esempio quello della spagnola sia per la capacità infettiva, sia per le conseguenze. Eminenti virologi hanno rassicurato la comunità internazionale su questo punto e d’altronde la stessa mobilità e mortalità lo stanno dimostrando. Ciò che invece pochi rilevano è che la mortalità colpisce territori con un sistema sanitario poco sviluppato. Per fare un paragone nessuno in Europa muore di dissenteria, mentre in Africa ed in Asia questo tipo di mortalità è praticamente un flagello. Per non parlare di malattie come il morbillo che non rappresentano nei nostri Paesi motivo di allarme, mentre sono veri e propri incubi in altre parti del mondo.

Il problema rimane allora quello di come le diverse aree del mondo sono attrezzate per far fronte a malattie nemmeno così mortali. Nelle aree del Messico dove si è avuta un’impennata di mortalità sappiamo che il sistema sanitario è molto deficitario tanto da non riuscire a far fronte ad una pandemia di influenza. Gli Stati Uniti infatti confinano con il Messico, ma il numero dei decessi non è sopra la soglia di attenzione ed è di molto inferiore a quello del Messico. Ecco che allora il nocciolo della questione è quello della capacità e della possibilità di un Paese di costruire un sistema sanitario minimo degno di questo nome. O meglio ancora delle sacche di povertà presenti nel mondo che non possono affrontare in maniera dignitosa questi problemi.

Il dubbio che rimane è del perché si sia creata tutta questa attenzione. Non so se Big Pharma (il cartello delle industrie farmaceutiche mondiali) c’entri qualcosa, ma sicuramente trarrà giovamento dall’ignoranza scientifica di molti governanti, che saranno portati a far incetta di farmaci che verosimilmente non serviranno a nulla. Sui giornalisti mi astengo: a loro serve una notizia, ma ben pochi hanno la professionalità per gestire in modo adeguato queste informazioni.

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