mar 272011
 

La sfida che ogni metropoli si ritrova ad affrontare è quella della diminuzione del consumo di petrolio – o comunque di combustibili fossili – con il conseguente miglioramento della qualità dell’aria. A questo riguardo è riconosciuto che la pressione maggiore viene esercitata dall’uso privato delle automobili che la gran parte di noi giornalmente usa in maniera massiccia. Il problema è che oggi le nostre città e tutto il nostro sistema di vita sono disegnati in funzione dell’uso delle auto. L’auto stessa rappresenta nella nostra economia urbana torinese un tassello molto importante, anche se molto meno rispetto al passato, e quindi la resistenza a modificare la nostra mobilità a favore di soluzione che diminuiscano questo uso è grande. Il filone maggiormente in voga tra i nostri amministratori – a dire il vero trasversale a tutti gli schieramenti – rimane quello di pensare che nuove automobili con migliori prestazioni di consumo e emissioni inquinanti ridotte, risolveranno il problema. Sarà così? Chi studia questi problemi non lo pensa e per farsi comprendere lo dimostra con un’argomentazione che un economista britannico, William Stanley Jevons, pubblicò nel1865 nel suo libro The Coal Question e la cui validità non è stata smentita fino ad oggi. Jevons osservò che l’uso del carbone era aumentato, anzichè diminuire, dopo l’introduzione dei motori a vapore che ne consumavano di meno. Se oggi sostituissimo il carbone con altri esempi il risultato sarebbe uguale. Ad esempio usiamo internet molto di più in termini di volume e di ore di collegamento rispetto a dieci anni fa quando le connessioni erano più lente: oggi scaricare una pagine di internet è molto più veloce rispetto al passato, ma ciò non ha portato ad una diminuzione del tempo totale di connessione, anzi al suo aumento. La stessa cosa accade con l’auto: il miglioramento dell’efficienza ed il minor consumo al chilometro non provoca una dimunìzione del consumo totale e delle emissioni inquinanti, ma al contrario lo aumentano. Così come ad esempio succede con i condizionatori di aria fredda in estate. In sostanza stiamo sbagliando l’obbiettivo finale, pur tenendo conto che il miglioramento dell’efficienza delle auto e di tutte le altre tecnologie deve essere perseguito con costanza e senza cedimenti. Il vero bersaglio, quindi, non è l’automobile in se stessa, ma il perchè e come viene usata. Una soluzione strutturale potrà quindi nascere quando ci porremmo la giusta domanda sul perchè aumentiamo sempre più i chilometri percorsi nelle nostre città,perchè è proprio il disegno delle nostre città che oggi non funziona più. E questo è un argomento squisitamente di competenza delle nostre amministrazioni comunali che il nostro voto alle prossime elezioni deve sciogliere. Se infatti non sarà possibile risolvere il problema con  il miglioramento dell’efficienza dei mezzi pubblici, bisogna iniziare a pensare un diverso disegno degli insediamenti delle attività produttive, degli uffici pubblici, del ricollocamento delle aree abbandonate, delle volumetrie dei nuovi edifici e via discorrendo: in sostanza il problema dell’inquinamento e del consumo di energia nelle nostre città si intreccia in maniera sempre più stretta all’urbanistica, al disegno e collocazione dei centri di scambio, consumo, ai punti di interesse pubblico amministrativo e sociale. Un esempio è quello di Manhattan a New York, dove, per assurdo, l’uso delle automobili da parte dei cittadini è limitato e le performances ambientali sono tra le migliori al mondo per le grandi metropoli. Dare quindi i corretti obbiettivi all’azione delle nostre amministrazioni cittadine è forse il vero punto di svolta per migliorare il nostro futuro economico e ambientale, lasciando perdere discussioni mediocri e prive di fondamento che ci distraggono dalle vere soluzioni.

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