nov 132010
 

Malgrado le cautele di rito, il cosiddetto “vaccino anti-aids” – o Tat dal nome della proteina su cui agisce – ha molti pregi ed è la speranza di ognuno di noi, soprattutto di chi vede la devastazione della malattia. Tra tutte le positività è veramente utile segnalarne una spesso non ricordata.Il vaccino Tat, infatti come dice Enrico Garaci, Presidente dell’Istituto superiore di Sanità «è un modello perfetto di ricerca traslazionale pubblica, cominciata dal laboratorio per arrivare al letto del paziente. L’Istituto ha protetto la proprietà intellettuale registrando dieci brevetti». Da cui non si esclude un domani la collaborazione con le aziende farmaceutiche, ma al contrario la produzione e la commercializzazione troverà queste come grandi alleate. Ma questa volta su un piano di parità e con il beneficio della cosa pubblica. Un modello veramente da incentivare come nuova frontiera dell’innovazione della ricerca in cui gli istituti pubblici investono sulla formazione di ricercatori e ne traggono benefici, magari da reinvestire in un circolo virtuoso. Dove anche gli argomenti di ricerca possano essere indirizzati verso tutto ciò che è interesse appunto pubblico.

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