dic 152011
 

La questione delle liberalizzazioni più o meno mancate svela diversi paradossi che vanno al di là dell’argomento. Diversi eponenti politici le avrebbero volute, ma non sono state in grado di farle a tempo ed ora pur avendone la possibilità. Così come chi si dimostra  oggi molto pugnace contro le lobby, in passato le ha assecondate e ne è rimasto impigliato anche solo per semplici rendite elettorali. Ma il paradosso più lampante è che un Governo tecnico, che dovrebbe essere svincolato dalla ricerca del consenso, trova una insormontabile difficoltà nel metterle in atto. Sia chiaro: è necessario avere il voto favorevole di quelle forze che ieri non sono riuscite a realizzare i provvedimenti oggi al vaglio del passaggio parlamentare. E infatti il paradosso non sta qui. La lezione che viene  fuori è quella che tra le righe coglie Dario Di Vico sulle colonne del Corriere della Sera: “ e allora se il governo ha dovuto, almeno per ora, ritirarsi il motivo è sempre lo stesso, i modernizzatori non hanno un “popolo” da mobilitare mentre le lobby fanno presto a minacciare la paralisi del traffico o dell’aspirina. Un altro vero paradosso, nel preciso momento in cui Mario Monti e la sua squadra vengono accusati di essere a loro volta i paladini, gli esecutori materiali degli interessi, appunto, delle lobby. Ma ritornando alle considerazioni di qualche riga sopra, questo è esattamente il compito che ci proponiamo come Piemonte al Centro, da alcuni, giustamente, considerato un avamposto politico di Italia Futura, cioè mobilitare e dare voce al popolo dei “modernizzatori” che pensano all’Italia  come una grande Paese bloccato da interessi corporativi da superare nel più breve tempo possibile per far spazio a tutti coloro che attraverso la capacità e il merito vogliono far uscire dal pantano e mettere in moto le energie presenti oggi nel Belpaese. Un paradosso anche questo, dopo anni in cui ci siamo cullati nell’idea che non c’era bisogno di essere diretti da chi ha più capacità, rettitudine, merito.