gen 292011
 

Ieri è sucesso che per la prima volta mi si sono presentate chiare, una dietro l’altra, le ragioni per le quali l’opposizione di questo paese riesce a perdere consensi anche quando il governo in carica si avvia allo sfacelo. E se davvero si riesce a vedere un mondo in un granello di sabbia, il mio non fa eccezione. Il mio granello di sabbia si chiama salute, o forse meglio cura delle malattie ed è un mondo che tutti conoscono, chi più chi meno, perchè fin da piccoli siamo abituati a fare i conti con la prima vaccinazione, la prima puntura, la varicella, un parente malato da andare a trovare in ospedale e via discorrendo. Tutti pensiamo di saperne abbastanza in maniera tale da parlarne, un po’ come la nazionale di calcio. Eppure non è così. O meglio può succedere che un serial televisivo americano faccia più luce su questo granello di sabbia, rispetto a pensose tavole rotonde politiche in cui ci aspettiamo un chiarimento, un qualcosa in più che ci faccia capire perchè siamo arrivati a pensare che il nostro sistema di cure non funzioni come ci aspetteremmo e come riuscire, con entusiasmo, a cambiarlo. E così, in una stessa serata, mi è capitato di assistere ad una manifestazione politica sul piano sanitario ed a Grey’s Anatomy e con mio immenso stupore ho capito più cose dalla seconda parte della serata rispetto alla prima. Per tanti motivi che vi risparmierò, ma con l’idea che quello che è successo a me ieri sera, succeda normalmente nelle case delle persone normali. Una cosa però la voglio rimarcare: spesso non sappiamo di cosa parliamo, e quindi parliamo male. Perchè la salute e la sua tutela sono cosa davvero diversa rispetto a quello che ho sentito ieri pomeriggio: non sono l’accorpamento degli ospedali, la preoccupazione di qualche universitario di non essere ascoltato nelle sedi politiche, la via giudiziaria per rincorrere gli errori accumulati da “altri” in molti anni e via di questo passo. No, la cura per la salute è passione per ciò che si fa, da cui nascono e vengono messe in pratica le idee per dare risposte sempre migliori alle persone che ci vengono affidate tutti i giorni. La “sanità” sta da tutt’altra parte ed è fatta da centinaia di persone che lavorano in silenzio, che scelgono ogni giorno modelli organizzativi, di cura, tempi e modi attraverso cui cercare di rispondere al disagio, alla malattia. Si dirà che tutto ciò viene dopo, che per fare questo c’è bisogno, prima, di organizzare, di trovare finanziamenti, di indirizzare, di scegliere dove investire. Ma la realtà è diversa e la prova del nove è data dal fatto che, sempre più, chi vive con passione in questo mondo ha smesso di cercare le risposte nella politica o nelle sedi in cui si decide quanto sarà assegnato il prossimo anno per comprare strumenti, farmaci, dotare gli organici di operatori. Non le cerca più lì, ma si autoorganizza, cerca autonomamente soluzioni e risorse e non è certamente una vittoria. Costruisce ogni giorno una cornice di riferimento, un vocabolario, un insieme di consuetudini senza il bisogno di condividerle con chi, in linea teorica, dovrebbe “governare” il sistema. L’unico patto che resta in piedi – e che paradossalmente si rafforza – è quello con le persone che ogni giorno cercano risposte negli ambulatori e negli ospedali. La politica ne viene esclusa, o meglio si costruisce in quegli ambienti, in quei granelli di sabbia, una nuova politica il cui linguaggio risulta davvero incomprensibile ai politici da giornale. E finchè anche le forze di opposizione non si accorgeranno di ciò, saranno destinate a recitare un ruolo marginale nell’immaginario dei cittadini che, alla fine della vicenda, apprezzano più di tante cose la passione che ognuno ci mette nel risolvere i problemi. La passione che oggi, parlando di cura e di malattia, sta tutta dalla parte di chi possiede nelle proprie mani la sapienza del proprio lavoro e non di chi vorrebbe “governarla” senza sapere di cosa sia fatta.

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