mar 272011
 

Con le ultime evoluzioni dei Paesi nordafricani, stiamo vivendo un “ricorso” storico? Ricordando cosa avvenne nel 1989, le paure dell’Europa occidentale sembrano ripresentarsi oggi con le dovute differenze di circa un ventennio di storia: riusciremo a sostenere l’ondata migratoria dei paesi ex-comunisti? L’Europa economica terrà il proprio livello di vita? Riusciremo a rispettare gli standard di welfare, di condizioni di lavoro, di sicurezza ambientale presenti nell’area euro? L’Europa, allora, riuscì a mettere in campo grandi progetti di assistenza finanziaria, tecnologica e commerciale che permise una transizione anche politica dell’Europa dell’Est oggi giudicata positiva con buoni risultati economici e sostanzialmente pacifica, con l’eccezione dell’ex Jugoslavia. Credo che oggi, con le dovute differenze, un pensiero “lungo” che lavori al massimo delle capacità economiche, politiche, commerciali dell’Europa possa raccogliere anche questa sfida e volgere in opportunità un momento di crisi profonda. Bisogna però uscire da schemi “corti” di tipo legaiol-tremontiano che rappresentano il semplice alzarsi dello steccato di casa non sapendo rispondere in maniera anche complessa alle domande del villaggio globale che comunque continua ad avanzare. La mancanza di ogni strategia e la conseguente chiusura di ogni spazio di interazione con queste realtà non ci salverà e la storia stessa ha dimostrato che mettendo in campo un altro tipo di intelligenza, come quella dell’89, la crisi potrà trasformarsi in vantaggio.

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