mar 012009
 

uranio

Per ricercare uno degli errori fondamentali della scelta nucleare annunciata dall’attuale governo, ci vengono in aiuto una serie di considerazioni sentite dall’ex vicepresidente di Confindustria Pasquale Pistorio. Imprenditore di successo ed uno dei padri dell’innovazione di prodotto ad alto contenuto di conoscenza, Pistorio non ha avuto remore nell’indicare come negativa la scelta nucleare. Perchè? Secondo il suo ragionamento le politiche di governo devono essere indirizzate verso tutte le possibili azioni in grado di sorreggere la ricerca e sviluppo a partire dai crediti d’imposta per finire alla stessa capacità delle pubbliche amministrazioni di sfruttare i prodotti innovativi. In un momento di minor capacità di risorse risulta chiaro come le scelte a cui si trova di fronte la politica sono suddivisibili in sostegno a prodotti innovativi, con alto contenuto di conoscenza e con mercati non ancora affollati da competitori e prodotti invece con basso contenuto innovativo e mercati “maturi”. Per ciò che riguarda il fabbisogno energetico possiamo ad esempio scegliere tra la ricerca di nuove fonti energetiche e investimenti in tecnologie già conosciute. Il problema è che investire su uno dei due settori produce l’inevitabile diminuzione sull’altro. Investire quindi sul nucleare non può che portare quindi ad una contrazione degli investimenti sulle fonti rinnovabili, lasciando quindi che queste vengano sviluppate in altri Paesi con la conseguenza di dover pagare con gli interessi in un secondo tempo gli investimenti che altri hanno speso per la ricerca. La terza soluzione – suddividere gli investimenti in parti simili tra le due opzioni – è una soluzione che non porta chiaramente da nessuna parte. Se vogliamo uscire dalla crisi con la “prua in avanti” è chiaro che non ha molto senso investire in settori che non rappresentano una vera innovazione. Tenendo conto che la tecnologia delle attuali centrali nucleari di terza generazione è esausta e senza grandi possibilità di sviluppo, gli investimenti in questo campo andrebbero solo a vantaggio di altri Paesi che venderebbero tecnologie a fine vita potendo reivestire in nuova ricerca e facendo ripartire un ciclo virtuoso per loro e negativo per noi.

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