dic 032010
 

Sicuramente la crisi economica colpirà la maggioranza delle famiglie con una riorganizzazione – nei fatti una riduzione – dei propri consumi e investimenti. Ma esisterà una fascia di popolazione che si troveranno in una situazione molto critica in cui si riveleranno consistenti problemi di salute immediati. In sostanza per una parte della popolazione la crisi non produrrà conseguenze immediate sulla salute, per un’altra invece saranno immediate perchè la crisi non colpirà in modo omogeneo e scaricherà gran parte dei costi e degli effetti su una certa fetta della popolazione che già in precedenza aveva meno beneficiato dello sviluppo economico. Qui si lega un’obbiettivo ben presente a chi opera sul sistema sanitario dal punto di vista progressista e cioè la necessità di evitare quanto più possibile danni o morti dove sia possibile.

Non sono certamente nuove le indagini che documentano con solide evidenze come situazioni socio-economiche svantaggiate favoriscono disturbi mentali, cardiovascolari fino all’aumento del numero dei suicidi. Improvvise contrazioni di reddito causano cambiamenti significativi negli stili di vita con maggior propensione verso il rischio (alimentazione di scarsa qualità, maggiore assunzione di bevande alcooliche e sostanze stupefacenti ecc.): in sostanza la crisi peggiora la capacità individuale a tutelare la propria salute. Questi effetti non possono essere solamente lasciati al gioco economico, ma necessitano che il sistema sanitario venga attrezzato per queste nuove esigenze, anche per tentare di mitigare questi effetti. Che fare quindi?

Esiste una volontà a livello della Regione Piemonte, di porre mano ad una profonda riorganizzazione del sistema sanitario. Ad oggi, in verità, non se ne comprendono le linee di sviluppo se non una generica volontà di ridurre il fronte della spesa, con la speranza che una razionalizzazione possa portare as un sistema sanitario che sappia meglio rispondere alla domanda di salute. Ciò ha una sua razionalità, ma sicuramente non solo non è suffciente, ma può portare ad un rovesciamento di ciò che crediamo: il bilancio non può essere un fine, ma al limite un vincolo rispetto al quale costruire le giuste risposte. E le giuste risposte, a mio modesto avviso devono svilupparsi tenendo conto che siamo in un momento in cui è necessaria una “medicina per i tempi di crisi” che possegga delle linee strategiche precise, come già segnalava Giovanni Fattore nel suo “crisi economica, salute e sistema sanitario”.

Innanzitutto bisogna capire come è fatta la domanda di salute e come cambia nelle diverse situazioni socio-economiche. Con uno sforzo davvero modesto devono essere resi leggibili e resi immediatamente disponibili i flussi di informazioni riguardo ai fenomeni su cui la crisi esercita effetti rilevanti. Sicuramente il monitoraggio della salute e della domanda di servizi, ma sopratutto porre particolare attenzione a patologie strettamente legate a situazioni di povertà – come ad es. quelle legate all’alimentazione o alle condizioni abitative -. Necessario sarebbe quindi creare attenzione a tutti quegli eventi sentinella facilemnte ottenibile dalla rete già esistente di medici di medicina generale ecc.

Bisogna quindi porre particolare attenzione nell’organizzare la risposta sanitaria a tutti quei servizi “sensibili” la cui maggior richiesta potrebbe creare delle “strettorie” che colpiscano in mnaiera privilegiata chi chiede aiuto nel momento di crisi. La crisi infatti non colpisce, come già detto, in modo omogeneo, ma può determinare dei “picchi” o differenze di richiesta in aree diverse.

Qui si lega la diminuita capacità di accesso ai servizi al momento non coperti in maniera sufficiente dal Sistema Sanitario. Questi servizi esistono e basterebbe citare settori quali le cure odontoiatriche, riabilitative, oculistiche, dove la spesa privata delle famiglie è forte e che rappresentano comunque aree di servizio essenziale. Necessario quindi monitorare il flusso di domanda che riguarda il settore privato il quale non copre solo prestazioni secondarie, ma appunto essenziali. Questa stretta osservazione può consentire iniziative mirate tempestive e permettere la dismissione di altre aree non necessarie ma al momento coperte dal Sistema Sanitario.

La sanità è un sistema cosiddetto labour intensive che appartiene ad una fascia di attività che moltiplica i propri effetti positivi sul sistema economico nazionale ma sopratutto locale. La crisi può essere un’opportunità per interventi in grado di migliorare i livelli di efficienza, ma questi interventi dovrebbero mirare ad aumentare i livelli di attività date le risorse, piuttosto che ridurre le risorse a parità di livelli di attività.

In sostanza esiste davvero una sanità dei tempi di crisi e attrezzare il nostro sistema di cure per alleviare l’impatto dell’impoverimento della popolazione deve restare un punto fermo della nostra politica sanitaria, soprattutto in sistema locale