In sanità è implicita la necessità di un progressivo ripensamento dei servizi in cui è articolato il sistema per due motivi principali: la trasformazione del quadro epidemiologico (età, capacità di cura delle malattie e via discorrendo) e i problemi economici con fasi ormai cicliche di recessione e espansione. Questa riorganizzazione deve agire con modifiche strutturali, rimodulazione degli spazi in cui opera la diagnosi e la cura, investimenti di riqualificazione. Se questo ripensamento viene meno cosa succede? Si verifica un paradosso: l’abbattimento degli investimenti nelle tecnologie e nelle infrastrutture si risolverà in una vera e propria ipoteca sul futuro, perché verrà contratto un debito sommerso che emergerà nel tempo. In sostanza risulterà sempre più chiaro l’invecchiamento e la non usabilità sia delle strutture che delle tecnologie usate dal Sistema Sanitario Nazionale. Non ripensare ed investire oggi nel sistema di diagnosi e cura vuol dire rompere la sostenibilità futura, oltre al fatto che non è possibile sviluppare nuove modalità di servizio lasciando invariate le attuali strutture
Il tramonto dell’attuale classe amministrativa del Piemonte è nei fatti. Ricorsi o non ricorsi, la sensazione della chiusura di un ciclo è palpabile nel comune sentire, anche se ciò non significhi automaticamente il passaggio di colore nelle bandierine del Consiglio Regionale. Ma è necessario dare una solida base ai ragionamenti che in tutti questi anni sono stati al centro di una crisi non solo politico-economica ma soprattutto sociale. Presentarsi di fronte alle speranze delle persone cercandone il consenso necessita un momento di ragionamento profondo e salutare dove si raccolgono tutte le battaglie fatte e si proiettano in un’idea di società, di volontà politica chiara e senza ambiguità. La proposta è quella di ripartire da un’idea di salute e di organizzazione dei servizi sanitari importante non solamente perché questa rappresenta circa l’80% del bilancio dell’attività di ogni regione, ma soprattutto perché i motivi ed i modi delle risposte sanitarie danno il senso e la forma di quale società vogliamo costruire. Tenendo conto che anche il centrosinistra dovrà operare scelte davvero dolorose per rimettere all’onore del mondo quanto di più sensibile tocca ogni cittadino: le cure e l’assistenza alla propria persona. Da qui dobbiamo ripartire, chiamando a raccolta le nostre intelligenze e la nostra esperienza per poter formulare proposte concrete ed efficaci sulla competenza principe dell’azione amministrativa regionale: l’organizzazione della risposta ai bisogni di salute. Che, è ormai ampiamente riconosciuto, non può limitarsi ad una risposta di tipo economicistico o semplicemente organizzativo. La proposta è quindi quella di iniziare a lavorare da subito trovando i modi e le sedi adeguate per iniziare a costruire una risposta forte e moderna che dovrà arrivare in tempi rapidi e certi. Una domanda che proponiamo prima di tutto a Sergio Chiamparino, il candidato certamente meglio “attrezzato” e che personalmente ritengo dotato di personalità e capacità politica tale da comprendere immediatamente quante chances si giochino su questo fronte anche in altri settori che devono essere rilanciati nella nostra Regione quali il lavoro, la ricerca, l’innovazione. Subito quindi una sorta di Stati Generali della Salute del centrosinistra. Per il nostro benessere e la nostra sicurezza di cittadini
Claudio Martano ha vinto le primarie per la candidatura a Sindaco di Chieri svoltesi oggi. Come Progetto Democratico condividiamo con gioia questa candidatura, dichiarandoci subito al lavoro per la vittoria alle prossime elezioni per il Municipio chierese. In bocca al lupo a Claudio
Ho sempre ritenuto che l’impegno civico consistesse, oltre che nel volontariato e nell’associazionismo, nella disponibilità a mettersi a disposizione per contribuire ad affermare, anche a livello locale, pratiche politiche corrette ed efficaci e a garantire il perseguimento degli interessi generali.
Perché consapevole delle difficoltà insite nella gestione quotidiana della cosa pubblica, non ho mai accettato ruoli che avrebbero richiesto un coinvolgimento che andasse al di là delle mie possibilità di dedicare il tempo e le energie necessarie a svolgere al meglio questo particolare tipo di impegno.
Tuttavia, come Presidente del Consiglio e come membro della Maggioranza in diverse legislature, ho accumulato un’esperienza tale da aver spinto diverse persone a chiedermi di rendermi disponibile per metterle a frutto.
Pur ancora appassionato del mio lavoro, ma conscio che la mia attività professionale sta volgendo al termine, credo effettivamente che la mia esperienza possa venir utile in questa fase dove ai problemi più pressanti della popolazione ci si deve avvicinare con un bagaglio di competenze ed esperienza adeguato. Credo, in particolare, di aver maturato una conoscenza della società civile tale da rendere possibile il coinvolgimento (dentro e fuori della Giunta) delle persone adatte, per competenza ed onestà, ad affrontare la complessità della sfida”.
Claudio Martano
Roma, 23 ott. (Adnkronos Salute) – Lacrime amare per i medici italiani. A ogni camice bianco del Servizio sanitario nazionale il blocco dei contratti e delle retribuzioni dei lavoratori del pubblico impiego – in vigore dal 2010 e che verrà esteso a tutto il 2014 – alla fine di questi cinque anni sarà costato circa 29 mila euro. Poco meno di 400 euro al mese che, se si considera anche l’incremento delle tasse regionali e comunali porta a una perdita d’acquisto mensile dei medici pari a circa 450 euro. Un salasso che le norme inserite all’interno della legge di stabilità – congelamento dell’indennità di vacanza contrattuale e del blocco della retribuzione accessoria, riduzione degli straordinari – hanno ulteriormente appesantito. A scattare la fotografia sulla perdita del potere d’acquisto dei medici a causa del blocco dei contratti del pubblico impiego – che coinvolge tutti i dipendenti non solo dello Stato ma anche di Ssn, scuola, Regioni ed enti locali – è un’analisi elaborata per l’Adnkronos Salute dall’Anaao Assomed, il principale sindacato della dirigenza medica del Ssn.
Analizzando la tabella, che tiene conto dell’inflazione media Istat, emerge con chiarezza la perdita, anno per anno, del potere di acquisto delle retribuzioni dei medici per colpa del blocco contrattuale: nel 2010, con un’inflazione dell’1,50% si è registrata una perdita consolidata di 1.311 euro lordi, salita a 3.683 nel 2011, fino a 6.387 nel 2012, con un’inflazione pari al 3%. Tutte perdite consolidate, precisa l’Anaao Assomed. Quest’anno i camici bianchi dovranno invece fare i conti con una perdita stimata del potere d’acquisto dei loro stipendi pari a 7.597 euro. Parliamo di circa 700 euro lordi al mese. E non e’ finita. Lo stop ai contratti confermato anche per il 2014 produrrà, nel prossimo anno, una perdita stimata del potere d’acquisto dei medici pubblici pari a 8.793 euro.
“La perdita netta in busta paga mensile – spiegano dal sindacato – è di 383,18 euro cui vanno aggiunte le perdite dovute al congelamento del fondo accessorio e al mancato adeguamento delle retribuzioni ai 5 e 15 anni”. E ancora: “La riduzione degli straordinari e l’incremento delle tasse locali regionali e comunali rendono verosimile una perdita media netta mensile di circa 450 euro”.