ago 122010
 

Ognuno si rende ben conto inconsciamente che il rientro non sarà facile, per non dire altro. Basta prendere sul serio qualche notizia che  ha fatto l’attualità di questa settimana: in Francia il numero di posti di lavoro distrutti è stato il più elevato dagli anni ’30 e delle onde di violenza percorrono le banlieues; In Europa la recessione si consolida con i piani di rigore; negli Usa una annunciata ricaduta della crescita lascia intendere che la crisi è lontana dal termine; gli incendi in Russia e le inondazioni in Pakistan ci ricordano la forza della natura alla quale l’uomo aggiunge i propri squilibri.

D’altra parte quali le buone notizie? In Europa padroni trionfanti annunciano profitti record e versano nelle proprie tasche bonus mai visti; In Asia e in altre parti sfoggiano delle crescite insolenti.

Alcuni, tra i più potenti, come dire i più ricchi, comprendono le minacce risultati da tali disequilibri e agiscono: la decisione di qualche miliardario americano, tipo Bill Gates e Warren Buffet, di impiegare almeno la metà dei propri patrimoni ad azioni di sviluppo mostrano, meglio di tutti i G20, la presa di cosscienza della necessità di una sincera azione mondiale e il discredito nel quale sono caduti i governi; se un tale movimento si estenderà a macchia d’olio, avrà un impatto considerevole e farà nascere una sorta di plutocrazia planetaria, innesco di un governo mondiale a carattere censuario.

Per la Francia, in particolare, il rientro sarà difficile: un budget 2010 che frana e pieno di illusioni. Un potere politico che galleggia su onde ideologiche pericolose; una opposizione interamente occupata a guardare sè stessa ed incapace di proporre al Paese delle soluzioni credibili su nessun argomento. Il Paese sarà dunque, a settembre, davanti a terribili minacce senza alcuna seria riflessione.

(…) L’avvenire apparterrà a coloro i quali sapranno essere i più mobili, i più flessibili, i più rapidi, i meno fissi su certezze, nè professionali, nè geografiche, nè politiche. Poche persone sono veramente pronte, nel nostro vecchio paese sedentario, a una tale mobilità dello spirito e dei corpi.

Riflettere sul modo di prepararsi suppone delle mutazioni mentali e logiche: chi è veramente pronto a traslocare, a cambiare mestiere senza esserne costretto? Chi è veramente pronto ad affontare i problemi futuri per trovare delle soluzioni? Chi ha veramente riflettuto sul migliore uso che può fare, per lui e per i suoi, degli anni che gli restano da vivere? Chi si prepara ad essere al meglio di se stesso, formato, all’erta, mobile, all’ascolto delle minacce e delle attenzioni degli altri? Chi pensa davvero veramente a diventare se stesso, cioè a non restare ciò che gli altri decidono che lui sia?

Pensateci…

Qui l’articolo in lingua originale

(traduzione personale)

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